Incalzato dal male, Matteo Messina Denaro preparava lucidamente la sua uscita di scena. “Non morirò di tumore, appena non ce la faccio più mi ucciderò a casa e mi troverai tu. Ti dirò quando arriverà il momento” scriveva alla
sorella Rosetta arrestata nei giorni scorsi.
Il boss cosciente delle sue condizioni, l’ultima sfida allo Stato
Il boss era ormai cosciente della gravità delle sue condizioni e si affrettava a lasciare le sue disposizioni per l’ultima sfida allo Stato: meglio una morte volontaria che la resa dopo trent’anni di latitanza.
Nel covo di Campobello di Mazara una pistola
Per chiudere da eroe solitario la sua partita Messina Denaro, come scrive oggi il quotidiano La Repubblica, avrebbe potuto usare la pistola Smith & Wesson che teneva nel suo covo di Campobello di Mazara.
La sorella custode dei segreti del boss
La sorella era indicata come l’esecutore testamentario e aveva quindi il compito di fare scomparire le tracce dei tanti segreti ingombranti del boss: quelli rivelati dai mille pizzini trovati in casa di Rosetta Messina Denaro e quelli custoditi dal fratello.
Le indagini alla ricerca di altri covi
Le indagini condotte dal procuratore Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido continuano però a cercare altri punti d’appoggio e appartamenti di cui Messina Denaro aveva o aveva avuto la disponibilità.
Il padre di Messina Denaro morì da latitante
Curiosamente nel progetto suicida si ritrova una somiglianza con la fine di Francesco Messina Denaro, don Ciccio, il padre di Matteo. Anche lui morì da latitante ma non per scelta volontaria: fu stroncato da un infarto. Polizia e carabinieri trovarono in campagna la salma già composta con vestito nuovo e cravatta.
Le esternazioni del boss sulla Palermo bene
“Dottoressa, lei è mai stata a Palermo?”, chiede Matteo Messina Denaro alla dottoressa che lo ha visitato, in carcere, a dodici giorni dal suo arresto. “No, non sono mai andata a Palermo”, risponde la dottoressa. Un ghigno sulle labbra e – secondo quanto riporta il quotidiano la Repubblica – il boss sorride e replica: “È una città bellissima di un milione di abitanti, e le dico una cosa…, da qualche giorno a questa parte tutta la Palermo bene ha le unghie ammucciate”, sottolinea il boss.
L’ex super latitante avrebbe parlato della “Palermo bene” dopo dodici giorni dal suo arresto, in seguito alle dichiarazioni pubbliche del procuratore della città, Maurizio De Lucia, che ha spiegato come “Cosa nostra sia riuscita a entrare nei salotti buoni dove si discute di affari, finanziamenti, appalti, dove si decidono le politiche pubbliche. E vi è entrata dalla porta principale, parlando con i suoi interlocutori da pari a pari”. “La mafia ha sempre avuto rapporti strettissimi con una parte della società”, ha spiegato il magistrato, sottolineando “come Messina Denaro abbia goduto di un appoggio molto ampio, non solo di certa borghesia”.
Forse per questo motivo il capomafia trapanese, che è rimasto latitante per trent’anni, facendo affari milionari e girando incontrastato per tutta l’Italia, adesso lancia schizzi di veleno su alcuni esponenti della “Palermo bene” che con il suo arresto, forse per paura di essere scoperti, hanno “ritirato” le unghie. Non graffiano. Non parlano. Stanno rintanati. Perché hanno paura di lui, ma ancor di più, delle indagini sulla sua latitanza, sottolinea il quotidiano.
La sorella chiede la scarcerazione
I legali della sorella di Matteo Messina Denaro hanno chiesto l’annullamento della ordinanza di custodia cautelare che ha disposto il carcere per la donna, arrestata nei giorni scorsi per associazione mafiosa. L’istanza è stata presentata ai giudici del Riesame che si sono riservati la decisione. A rappresentare l’accusa c’era il pm della Dda Piero Padova.
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