I carabinieri del Ros e la procura di Palermo hanno individuato il covo del boss Matteo Messina Denaro, arrestato, ieri, alla clinica Maddalena di Palermo. E’ a Campobello di Mazara, nel trapanese, paese del favoreggiatore Giovanni Luppino, finito in manette insieme al capomafia. Il nascondiglio, secondo quanto si apprende, è nel centro abitato. Le ricerche sono state coordinate dal procuratore aggiunto Paolo Guido.
Il covo di Messina Denaro gli investigatori lo hanno identificato nella notte ripercorrendo la mattina di ieri del boss arrestato.
La zona di Campobello di Mazara e Castelvetrano è battuta fin dai momenti immediatamente successivi all’arresto palmo a palmo dai carabinieri che hanno, in alcuni tratti usato anche delle ruspe nelle ricerche.
una volta individuato è durata tutta la notte la perquisizione del covo del boss Matteo Messina Denaro, scoperto dai carabinieri del Ros e dalla Procura di Palermo guidata da Maurizio de Lucia dopo ore di ricerche. La casa usata dal boss è stata individuata a Campobello di Mazara. Alla perquisizione ha partecipato personalmente il procuratore aggiunto Paolo Guido che da anni indaga sull’ex latitante di Cosa nostra. L’edificio, che si troverebbe nel centro abitato, è stato setacciato palmo a palmo.
Campobello di Mazara, centro di 11 mila abitanti in provincia di Trapani, è il paese di Giovanni Luppino, l’uomo che, ieri, ha accompagnato il capomafia alla clinica Maddalena dove è scattato il blitz. Campobello è a soli 8 chilometri da Castelvetrano, paese di origine di Messina Denaro e della sua famiglia. L’individuazione del covo e la sua perquisizione sono tappe fondamentali nella ricostruzione della latitanza del capomafia. E non solo. Diversi pentiti hanno raccontato che il padrino trapanese era custode del tesoro di Totò Riina, documenti top secret che il boss corleonese teneva nel suo nascondiglio prima dell’arresto, fatti sparire perchè la casa, a differenza di ora, non venne perquisita.
Giovanni Luppino, imprenditore del settore olivicolo praticamente incensurato. ma paese d’origine anche di Andrea Bonafede l’uomo che ha prestato, ancora da capire se consapevolmente o meno, l’identità al capomafia.
Altro aspetto importante, tutto ancora da scandagliare, è quello della rete dei fiancheggiatori. Oltre a Luppino, arrestato in flagranza oggi, e a Bonafede, la cui posizione è ancora al vaglio degli inquirenti, chi ha coperto, favorito e finanziato la fuga di Messina Denaro negli ultimi tempi? Negli anni per favoreggiamento sono finiti in cella centinaia di fedelissimi del padrino tra i quali sorelle, cognati e fratelli. Una strategia investigativa, quella di far terra bruciata attorno al ricercato, che ha dato suoi frutti. Ma le complicità vanno ben oltre l’autista e il proprietario della carta di identità.
Ad esempio nella nota clinica palermitana che per un anni ha curato la Primula Rossa nessuno sapeva la vera identità del paziente? “Non ci risulta- ha detto il procuratore di Palermo Maurizio de Lucia che ha coordinato il blitz – Ma indagheremo a tutto campo”.
Insomma sono tanti i quesiti da sciogliere e su cui ora indagare. Quesiti che per chi indaga da anni in parte hanno già risposte. De Lucia in conferenza stampa ha evidenziato anche come sia risaputo che “fette della borghesia” per molto tempo abbiano fatto parte della rete dei favoreggiatori. Anche sulle complicità eccellenti indagheranno i magistrati.