Un dirigente di alto rango del servizio segreto italiano (l’ex Sisde) – non Bruno Contrada – era a conoscenza di molti dettagli della strage che avvenne nella casermetta di Alcamo Marina. Questa strage – conosciuta anche come vicenda Alkamar – nella notte tra il 26 e 27 gennaio del 1976 costò la vita a due carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta. Inoltre, quello stesso alto dirigente del Servizio segreto civile avrebbe agito per disinnescare alcune operazioni che portano direttamente alle stragi mafiose del Continente del 1993, almeno secondo la pista seguita dai magistrati di Firenze che indagano su quelle vicende.
Ci sarebbe lui, quindi, dietro alcune clamorose operazioni di polizia. Nel 1993 per esempio viene ritrovato nel territorio di Alcamo un arsenale e in quella circostanza è stata trovata la foto della donna che secondo alcuni potrebbe essere coinvolta nelle stragi del ’93. Lo rivela un articolo di Nino Amadore sul Sole 24 Ore.
Il nome di questo alto dirigente del servizio segreto italiano è stato scoperto dal gruppo di lavoro su Alkamar composto dal colonnello Massimo Giraudo, dal giornalista Nicola Biondo e dal generale Paolo Scriccia cui il presidente della commissione parlamentare Antimafia della scorsa legislatura Nicola Morra ha affidato il compito di fare luce su una storia, quella della strage di Alcamo Marina, segnata dai depistaggi, dalla condanna di innocenti che, si scoprirà, sono stati costretti a confessare con la tortura. L’alto dirigente del Sisde è un personaggio chiave e profondo conoscitore delle dinamiche criminali e non solo di quel pezzo della provincia trapanese.
Oggi il suo nome non è più un segreto. Le relazioni presentate dal gruppo di lavoro e altro materiale, infatti, sono finite nelle mani di un giornalista e di un ex militare appartenente a Gladio e più volte arrestato e indagato.
Carte che, secondo la decisione del presidente della commissione Antimafia e sulla base di una precisa richiesta della Procura nazionale antimafia, dovevano rimanere segrete: non erano state viste nemmeno dai componenti della commissione e dunque solo Nicola Morra è a conoscenza degli aspetti più delicati dell’inchiesta che contiene due relazioni, i verbali di interrogatorio di decine di testi soprattutto ufficiali di polizia e i vertici della disciolta Gladio, oltre a quelli dell’ex pentito di mafia Armando Palmeri, trovato morto in casa a metà marzo.
Palmeri è stato il braccio destro del boss alcamese Vincenzo Milazzo assassinato nel 1992 poco prima della sua fidanzata Antonella Bonomo. Tra le tante cose, Palmeri ha raccontato che nella primavera del ’92, ad Alcamo, si tennero degli incontri tra uomini dei Servizi segreti e Milazzo. All’ordine del giorno: le stragi del 1993 e una strategia di destabilizzazione dello Stato con bombe e attentati.
La fuga di notizie senza precedenti è stata denunciata a settembre dell’anno scorso da Nicola Biondo in un esposto inviato al presidente Morra e alla procura di Palermo a quel tempo guidata da Marzia Sabella: a rigor di logica, comunque, oggi quell’esposto dovrebbe essere sul tavolo del capo della Procura di Roma Francesco Lo Voi per ragioni di competenza territoriale. Ad aprire uno squarcio sulla vicenda è stato il giornalista Gianluca Zanella del Giornale, cui viene offerto il documento cardine dell’inchiesta fatta dal gruppo di lavoro su Alkamar.
Si fanno avanti in due: prima un suo collega, un giornalista che gli dice di voler scrivere un libro, e qualche tempo dopo un ex militare di Gladio.
Zanella, che conosce bene quanto la materia sia scivolosa, registra i colloqui con chi gli ha offerto quel materiale incandescente. L’ex militare di Gladio, nei colloqui, sostiene di essere diventato nel frattempo “consulente” dell’alto ufficiale dei carabinieri componente del gruppo Alkamar da cui, sostiene, avrebbe ricevuto il materiale. Secondo il racconto fatto dal giornalista e dall’ex militare di Gladio a Zanella, la documentazione proverrebbe dunque dal colonnello Massimo Giraudo: un fatto gravissimo perché si tratta di documenti top secret, che contengono note molto recenti dei servizi segreti su vicende ancora aperte. Giraudo è un investigatore di vaglia, negli ultimi anni tra le altre cose è stato anche strettissimo collaboratore del procuratore Roberto Scarpinato oggi senatore dei Cinque Stelle, e dunque non si capisce perché abbia potuto fare le cose di cui parlano i due con il giornalista del Giornale. Millantano? Cercano di accreditare materiale di risulta? Non è dato sapere, ancora.
Zanella, che a un certo punto ha le prove di essere “monitorato”, capisce che si tratta di “una polpetta avvelenata” e decide di non pubblicare nulla. Si tratta di una “fuga di documentazione – scrive Zanella in un pezzo pubblicato sul Giornale – resa ancor più grave dal fatto che a renderla possibile sia stato un esponente delle istituzioni, una persona che avrebbe dovuto avere a cuore il prezioso lavoro in svolgimento e che invece, senza una ragione chiara, ha provveduto alla diffusione di informazioni sensibili che, in almeno un caso, sono finite tra le righe di un articolo di giornale”. Su tutta questa storia così limacciosa, comunque, Zanella non è mai stato sentito dai magistrati in compenso è stato avvicinato, nel tentativo di intimidirlo, da soggetti coinvolti in questa storia. Eppure nel suo pezzo lo dice chiaro: “Le prove di quanto sosteniamo ci sono. Caso mai a qualcuno venga l’interesse di verificarle”.
Una vicenda inquietante su cui la precedente commissione parlamentare Antimafia non ha potuto indagare per lo scioglimento anticipato della legislatura. Il testimone passa dunque alla nuova commissione che si insedia in Parlamento e che si ritroverà con questo dossier fatto da una lunga scia di depistaggi e interessate fughe di notizie. Il timore che circola, ora, è che ancora una volta possa essere negata la verità su quanto accadde veramente nella casermetta di Alcamo Marina, sulle torture, sui successivi depistaggi (gli ultimi negli anni 2008-2020), sull’attività sovversiva svolta fino ad anni recenti, sull’assoluta assenza di indagini per 12 anni della Procura di Trapani.