“Questa mattina abbiamo visitato il carcere Pietro Cerulli di Trapani, lo stesso in cui scorsi si sono verificati i casi di tortura che hanno portato nei giorni scorsi all’arresto di 11 agenti della Polizia penitenziaria”. Lo dice Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera.
“E’ doveroso che si faccia piena luce su quanto accaduto e si chiariscano le responsabilità rispetto a una condotta gravissima. Tuttavia, bisogna fare attenzione a non criminalizzare l’intero corpo della polizia penitenziaria. La visita di oggi ci ha fatto anzi constatare le condizioni di estrema difficoltà a cui devono far fronte gli agenti di Trapani. Gli organici sono sguarniti del 30% rispetto alle necessità e tale carenza è aggravata dalla presenza di molti detenuti psichiatrici. L’assistenza medico-sanitaria è ridotta a livelli minimi, le strutture bisognose di interventi seri. La situazione è critica per gli stessi detenuti, costretti a trascorrere le giornate in celle stracolme, con attività ridotte al minimo dalla mancanza di personale. Insomma, al Cerulli il sogno di Delmastro di togliere il respiro ai detenuti è pienamente realizzato. Il problema è che con il governo Meloni tanti mafiosi possono respirare benissimo perché, a dispetto delle sparate di Delmastro, non si è fatto nulla per evitare che escano di prigione”, ha concluso.
Gli arresti
Sedici ambienti 2 metri per 4 con una finestrella a 25 centimetri dal tetto. Mura scrostate, il wc a vista. La cella numero 5 la chiamavano la “stanza liscia”, era quella senza suppellettili, destinata a chi si temeva potesse compiere gesti autolesionisti. E’ la Zona blu, la sezione isolamento del carcere di Trapani, dove gli occhi delle telecamere di sorveglianza non sempre arrivano: è lì che per anni, secondo la Procura, un gruppo di agenti penitenziari ha torturato, umiliato, picchiato i detenuti più problematici, persone con problemi psichici, extracomunitari… soggetti fragili insomma.
Indagini e misure cautelari
Gli inquirenti, che parlano di “trattamento inumano e contrario alla dignità delle persone”, hanno chiesto e ottenuto i domiciliari per 11 guardie carcerarie e la misura interdittiva per altre 14.
Denunce e l’inizio dell’inchiesta
Che la “zona blu” fosse l’inferno dell’istituto di pena trapanese si sa da tempo: lo hanno denunciato i detenuti, l’hanno messo nero su bianco le associazioni. Denunce generiche fino a quando, il 17 settembre 2012, un carcerato fa un esposto, raccontando di essere stato punito, dopo una protesta, portato nella sezione isolamento e aggredito a calci, pugni e sputi. E’ sempre lui a riferire di aver sentito un altro detenuto, nella cella accanto, urlare. Comincia così l’indagine coordinata dalla Procura di Trapani, che ha svelato aggressioni, umiliazioni, perquisizioni illegali che per anni hanno visto protagoniste un gruppo di guardie e vittime i detenuti.
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