Sono stati identificati i 17 detenuti responsabili della rivolta avvenuta due notti fa nel carcere di trapani. Sono 17 quelli ritenuti responsabili di aver dato il via agli eventi violenti e poi di essersi asserragliati in un’area distruggendo le suppellettili di un intero piano.
Trasferiti in 14 su 17
“Dopo la rivolta in carcere a Trapani sono stati trasferiti 14 rivoltosi su 17. Ma il trasferimento non è la soluzione del problema dei detenuti facinorosi, ma è l’unica arma che abbiamo per disinnescare le bombe penitenziarie attuali” conferma il segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria Sicilia Gioacchino Veneziano. “Da quasi 24 ore – aggiunge Veneziano – che tutto il personale di polizia penitenziaria richiamato in servizio sta operando con grande professionalità per predisporre il trasferimento, tramite i nuclei operativi traduzioni, dei rivoltosi in altre carceri”, evidenziando che “il direttore Fabio Prestopino non ha mai lasciato da solo il personale, guidandolo in tutte le fasi, anche quelle le più delicate e pericolose, esponendosi in prima persona con i rivoltosi”.
La rivolta
La rivolta era scoppiata due notti fa ad opera dei detenuti nel carcere di Trapani, con azioni violente e distruzione delle suppellettili. “Per evitare l’ingresso del personale i detenuti hanno bloccato lo sbarramento usando i piedi di legno dei tavolini, cospargendo di olio il corridoio, pronti pure ad adoperare le bombolette di gas contro la polizia penitenziaria” secondo il racconto di quanto successo fino alle due di notte di due giorni or sono nel carcere Pietro Cerulli di Trapani fatto proprio da Gioacchino Veneziano, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria Sicilia.
Detenuti facinorosi
“Purtroppo – aggiunge Veneziano – è la conferma che il sistema carcerario è in mano ai detenuti. I provvedimenti dal governo sono dei pannicelli caldi rispetto alla recrudescenza della delinquenza nelle prigioni italiane. Sapendo che la Polizia Penitenziaria ha le mani legate, gli stessi rivoltosi ieri sera prendevano il giro il personale che cercava di intervenire. Abbiamo scritto più di una volta – insiste il rappresentate della Uil regionale di settore – che per i detenuti recidivi facinorosi che si macchiano continuamente di azioni violente contro la polizia penitenziaria devono essere trasferiti in reparti speciali. Perché spostarli in altre carceri significa trasportare il problema e non risolverlo. Anche perché la spada di Damocle dell’incriminazione a torturatore è presente ovunque”.
Tante inchieste negli anni
Secondo il sindacalista il corpo di polizia penitenziaria sa bene come gestire queste situazioni. Ma purtroppo anno dopo anno le denunce, le condanne poi ribaltate in appello, i provvedimenti disciplinari, le inchieste per ipotesi di atti di tortura poi derubricate hanno depotenziato il sistema sicurezza carcere. “Anzi sino a stamattina gli stessi detenuti rivoltosi – evidenzia il numero uno della Uilpa – erano ancora comodamente asserragliati in barba alla disposizione del capo Dap che imponeva il trasferimento dei rivoltosi fuori regione”.
La Cisl: “Servono più uomini e mezzi”
“Il grave episodio, dimostra ancora una volta – hanno aggiunto Salvatore Turco e Domenico Ballotta, rispettivamente segretari Palermo-Trapani e regionale della Fns Cisl – che il sistema penitenziario è al collasso. Non possiamo, anche in questa occasione, che ribadire inoltre che il carcere di Trapani ancora una volta è teatro di violenti disordini. I detenuti continuano ad essere intolleranti verso le regole e alla vita all’interno dell’istituto di pena e per questi motivi mettono in atto azioni di violenza inaudita. Chiediamo al governo di impegnarsi di più, affinchè la questione ‘carceri’ sia una priorità. Sollecitiamo più donne e uomini, più strumenti utili per arginare queste situazioni ed ottenere maggiore sicurezza per l’incolumità del personale di polizia penitenziaria”. Rivolto infine un ringraziamento agli agenti in servizio per il grande spirito di abnegazione.
Sappe, violenze in carcere nostre denunce non ascoltate
Ancora una volta follia e violenza nel carcere di Trapani per la folle protesta di un gruppo di detenuti, prevalentemente catanesi, e torna a protestare con veemenza il personale della Polizia Penitenziaria, per una situazione penitenziaria esplosiva, nota ai vertici dell’Amministrazione penitenziaria nazionale e regionale ma rispetto alla quale nessun provvedimento era stato assunto. Ricostruisce l’accaduto Eugenio D’Aguanno, delegato regionale per la Sicilia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE: “Ieri sera verso le 21 si è vissuta una situazione di estrema tensione e pericolo, fronteggiata al meglio dalla grande professionalità del poco eroico personale di Polizia che era in servizio. Un gruppo di detenuti della Sezione Tirreno (quella in cui sono ristretti coloro che durante la detenzione si rendono responsabili di atti violenti, rivolte, aggressioni e contrari all’ordine ed alla sicurezza) hanno sfondato tutte le celle e sono usciti nel corridoio del Reparto. I detenuti, poco meno di venti e prevalentemente catanesi, pretendevano di uscire dalle celle per girare liberamente e, all’ovvio e comprensibile divieto da parte del personale di Polizia, hanno dato vita a questa folle, pericolosa e violenta protesta. Sul posto sono accorsi anche direttore, comandante e vice”. Per il SAPPE, si tratta di “eventi già ampiamente preannunciati dal SAPPE a testimoniare la tensione che da mesi si vive nelle carceri: chiediamo un sopralluogo tecnico da parte del PRAP e una visita ispettiva da parte dell’ASL per valutarne l’idoneità sotto il profilo dell’igiene e della sicurezza dei luoghi di lavoro”.
Per Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, che esprime solidarietà e vicinanza ai poliziotti di Trapani, quel che serve sono “interventi urgenti e strutturali che restituiscano la giusta legalità al circuito penitenziario intervenendo in primis sul regime custodiale aperto. Servono poliziotti, regole d’ingaggio chiare, tecnologia e formazione per chi sta in prima linea nelle Sezioni, strumenti di difesa e contrasto delle violenze”. “Esprimiamo”, prosegue, “la massima solidarietà e vicinanza a tutti i colleghi della Casa circondariale Pietro Cerulli di Trapani: ma questi ultimi episodi devono far riflettere i vertici dell’Istituto e della Regione. Ci vuole una completa inversione di rotta nella gestione delle carceri regionali, siamo in balia di questi facinorosi, convinti di essere in un albergo dove possono fare quel che non vogliono e non in un carcere! Facciamo appello anche alle autorità politiche regionali e locali: in carcere non ci sono solo detenuti, ma ci operano umili servitori dello Stato che attualmente si sentono abbandonati dalle Istituzioni”. Per questo, il leader del SAPPE “auspica in un celere intervento di questo Governo sulle continue aggressioni al personale oramai all’ordine del giorno”.
Movimento dei poliziotti democratici, solidarietà ad agenti penitenziari
Esprimiamo la nostra solidarietà ai colleghi della Polizia Penitenziaria che attraverso una azione rivendicativa portata avanti dal segretario Chicco Veneziano aveva, da tempo, rilanciato i pericoli incombenti nelle carceri siciliane.
Noi della Polizia di Stato siamo abituati a lottare con tutte le nostre forze la criminalità comune e organizzata, ma non basta catturare gli autori dei crimini se questi poi si avvantaggiano di cavilli ed escamotage vari per essere rimessi in libertà, e/o se detenuti per poco tempo e male in strutture fatiscenti, poco capienti e tecnologicamente inadeguate e cosa più importante con poche unità
addette ai servizi di questa portata.
Tutto ciò demotiva la nostra e la loro professionalità e indebolisce l’autorevolezza e l’indispensabilità del nostro lavoro.
I cittadini devono avere la certezza nei confronti dei criminali di pene di severe senza sconti di pena specialmente per chi aggredisce le fasce più deboli o le forze dell’ordine proposte all’ordine e alla sicurezza di ogni cittadino.
Questo Governo ha l’obbligo morale e civile, così come preannunciato in svariate circostanza, di dotare di strumenti normativi le forze dell’ordine affinché non continuino a subire l’arroganza criminale oramai diffusa.
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