Il gup di Palermo ha condannato a 14 anni di carcere Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l’identità a Matteo Messina Denaro. Bonafede era imputato di associazione mafiosa e concorso in falso. L’accusa era rappresentata dai pm Gianluca De Leo e Piero Padova. Oggi la Procura, in un separato processo, ha chiesto la condanna a 15 anni per la cugina del geometra, Laura Bonafede, amante storica del capomafia.
Il ruolo di Bonafede
Il ruolo di Bonafede, nipote dello storico boss Leonardo Bonafede, è emerso nel corso delle indagini che hanno portato alla cattura del padrino. I carabinieri del Ros, che scoprirono che Messina Denaro era in cura per un cancro, accertarono che per le terapie usava l’identità del geometra di cui aveva falsificato i documenti. Bonafede venne arrestato pochi giorni dopo la cattura del boss. E si accertò che sia l’ultimo appartamento in cui il capomafia viveva a Campobello, sia l’auto che usava per spostarsi erano stati comprati con i falsi documenti intestati all’imputato.
Nel corso delle indagini la posizione del geometra si è aggravata. Dagli elementi raccolti dai magistrati, infatti, è venuto fuori che Bonafede era a disposizione del capomafia da ben prima del suo arresto. La Procura, indagando su un altro prestanome dell’ex latitante, l’architetto Massimo Gentile, che avrebbe ceduto la propria identità al boss per comprare un’auto nel 2014, ha scoperto che il veicolo, nel 2017, venne intestato alla madre di Bonafede, segno che tra il geometra e il padrino c’erano rapporti già allora. Ma non solo: la prima casa di Campobello di Mazara in cui Messina Denaro ha vissuto venne affittata a nome di Andrea Bonafede nel 2007. Con la sentenza di oggi salgono a cinque i personaggi vicini a Messina Denaro condannati.
La pistola di Matteo Messina Denaro
Il revolver, “Smith & Wesson” calibro 38 special, è stato trovato in un vano segreto Nel mobiletto di formica , dietro a un pannello sotto al forno della cucina. E’ quanto ha raccontato la Tgr Sicilia.
Ecco come è apparso il nascondiglio ai carabinieri del Ros che per giorni hanno setacciato l’ultimo covo di Matteo Messina Denaro, in via Cb 31 a Campobello di Mazara. Sono state mostrate – per la prima volta – le foto scattate dagli investigatori alcuni giorni dopo l’arresto avvenuto il 16 gennaio dell’anno scorso. Hanno impiegato molto tempo per trovare il nascondiglio.
Le analisi del Ris
Accanto alla pistola, un sacchetto di pelle con 20 cartucce, sulla sinistra, un portadocumenti con alcuni pizzini chiuso con un elastico giallo. Accanto un “involucro trasparente contenente buste da lettere” – hanno scritto i carabinieri. Tutto repertato e catalogato come la foto del revolver trovato carico, con 5 cartucce nel tamburo.
L’arma è stata analizzata dagli esperti del Ris. E’ stata trovata in perfetto stato. In grado di sparare. E modificata come ha raccontato Messina Denaro nell’interrogatorio del 13 febbraio nel carcere dell’Aquila. “Voi non potete risalire a niente” ha detto il boss rispondendo alle domande del procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido.
E mentendo, “la pistola me l’hanno portata dal Belgio venti anni fa”, ha concluso. Difficile stabilire se sia mai stato utilizzato per uccidere. Oppure se non sia mai stato utilizzato dal killer Matteo Messina Denaro.
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