Nuovo colpo al latitante Matteo Messina Denaro. dopo i blitz e i controlli dei mesi scorsi tra quelli che erano considerati i favoreggiatori della latitanza del capomafia, oggi sono scattati gli arresti dei capi indicati proprio dalla primula rossa.
Dalla scorsa notte Carabinieri, Polizia e Dia stanno eseguendo un provvedimento di fermo, emesso dalla procura distrettuale di Palermo, nei confronti di 22 affiliati alle famiglie mafiose di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna, indagati per associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalle modalità mafiose.
In manette sono finiti due suoi cognati, Gaspare Como e Rosario Allegra, mariti di Giovanna e Bice, sorelle del latitante.
Il blitz è coordinato dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Claudio Camilleri, Gianluca De Leo, Francesca Dessì, Calogero Ferrara, Carlo Marzella e Alessia Sinatra.
Le indagini hanno confermato il ruolo al vertice di Matteo Messina Denaro nella provincia mafiosa trapanese e quello di reggente del mandamento di Castelvetrano assunto da un cognato, in conseguenza dell’arresto di altri membri della familiare.
E’ stato inoltre accertato il capillare controllo del territorio esercitato da cosa nostra ed il sistematico ricorso all’intimidazione per infiltrare il tessuto economico locale.
Lo scorso marzo le indagini, coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Paolo Guido, avevano consentito di individuare i capi dei due clan e di scoprire gregari ed estorsori delle cosche.
Dodici erano stati gli arrestati, servendosi anche di professionisti nel settore di consulenze agricole e immobiliari, che sarebbero riusciti attraverso società di fatto riconducibili all’organizzazione mafiosa ma fittiziamente intestate a terzi a realizzare notevoli investimenti in colture innovative per la produzione di legname e in attività di ristorazione.
C’è anche il “re dell’eolico” tra le dodici persone arrestate. In carcere era finito Vito Nicastri, noto imprenditore trapanese, accusato di avere finanziato la latitanza di Messina Denaro.Qualche anno fa, il Finacial Times lo aveva definito il «Signore del vento».
A lui la Dia anni fa aveva confiscato beni per 1,3 miliardi euro, tanto valevano le 43 società di capitali che Nicastri utilizzava per gestire i suoi affari nel settore dell’ eolico.
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