Una vita negata alla nostra memoria dal tragico e misterioso epilogo, quella di Andrea Salsedo. Grazie a Salvatore Bongiorno, docente liceale di Paceco, quella vita – e quella morte – tornano a ricordarci vicende colpevolmente cadute nell’oblio, a far discutere, a sollevare inquietanti interrogativi. A distanza di quasi un secolo.
Salvatore Bongiorno, infatti, ha scritto un libro, “New York, 15 Park Row (sottotitolo, “La storia dimenticata di Andrea Salsedo”) edito da Margana che ripercorre l’esistenza di Andrea Salsedo, anarchico di Pantelleria emigrato in America agli albori del ‘900 per seguire Luigi Galleani.
Salsedo aveva conosciuto Galleani, uno dei maggiori esponenti del movimento anarchico italiano, quando quest’ultimo era stato costretto, da confinato, a vivere a Pantelleria. Nell’isola, Galleani aveva diffuso le idee a cui credeva e fatto proseliti tra diversi giovani.
Quando Galleani scappò in direzione del Nuovo Continente, dove tra l’altro diede alle stampe il giornale “Cronaca sovversiva”, Sansedo, conquistato dal fascino della sua personalità e dalla forza delle idee libertarie che professava, volle seguirlo.
A New York Salsedo lavorò in una tipografia, collaborò con Galleani e col suo foglio, e fece parte del nutrito gruppo di anarchici che in America sognava una rivoluzione che avrebbe dovuto garantire giustizia sociale e libertà. A seguito di un attentato anarchico che seminò nel governo americano diffidenza e paura nei confronti dei movimenti libertari, il 25 febbraio del 1920 Salsedo venne arrestato.
Alla polizia bastarono pochi indizi per considerarlo responsabile di attività sovversive e criminose: la sua tipografia stampava un foglio anarchico, nelle sue tasche fu trovato un volantino sospetto, uno tra i tanti.
Pochi mesi dopo, il 3 maggio, Andrea Salsedo precipitò dal 14° piano di Park Row, il palazzo dove aveva sede il dipartimento della Giustizia. Salsedo non aveva ancora compiuto 40 anni e in Sicilia lasciava moglie e figli.
Si trattò di un suicidio, come fu sostenuto dal governo americano, o della simulazione di un suicidio? Salsedo fu gettato ancora vivo da quel grattacelo, oppure dopo essere stato stremato da atroci interrogatori?
Anche a queste domande fornisce una risposta l’interessante testo di Bongiorno. Di certo il suo “suicidio” ha tante analogie con la scomparsa, molti anni dopo, di Pinelli, tanto che Fo nella sua opera teatrale “Morte accidentale di un anarchico”, ispirata alla tragica fine del partigiano ferroviere milanese, richiama – per evitare la censura- il suo nome invece di quello di chi risultava allora troppo legato a eventi al centro di aspre polemiche.
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