Potrebbero provenire da due misteriosi furti messi a segno al comune di Trapani nel 2015 e nel 2018 le cinque carte di identità intestate ad altrettanti cittadini incensurati di Campobello di Mazara, trovate nel covo di Matteo Messina Denaro di vicolo San Vito dopo il suo arresto. E’ l’ultima pista investigativa seguita dagli inquirenti che stanno cercando di ricostruire la latitanza del capomafia.
Le carte rubate erano tutte in bianco
I due episodi, ritenuti finora di criminalità comune, potrebbero assumere una connotazione totalmente diversa. Le carte rubate erano tutte in bianco.
Cosa sarebbe accaduto
Secondo gli investigatori sarebbero state poi compilate con le generalità dei 5 campobellesi. Al documento sarebbero stati aggiunti la foto di Messina Denaro –nel covo c’erano diverse foto tessera – e il timbro del Comune di Campobello.
Si indaga alla ricerca di eventuali complici
Un procedimento complesso sul quale i pm cercano di far luce dato che difficilmente il boss avrebbe potuto realizzare senza le complicità di altri.
Il primo furto
Il primo furto avvenne nella delegazione municipale di Borgo Madonna in via Giuseppe Polizzi. I ladri entrarono in azione di notte forzando la porta d’ingresso dell’edificio e portando via carte di identità in bianco e denaro.
Il secondo furto e gli arresti
Tre anni dopo i malviventi, dopo aver disattivato l’energia elettrica di un intero isolato, entrarono negli uffici periferici di largo San Francesco di Paola e rubarono la cassaforte con mille documenti di identità e soldi. I responsabili del furto furono arrestati tempo dopo ma solo parte del bottino venne recuperato.
Si indaga su altri furti simili in Sicilia
Gli investigatori, oltre ad accertare se le tessere trovate nel covo siano della partita di quelle sottratte, stanno verificando se siano stati commessi altri furti simili in Sicilia.
Il boss ha utilizzato diverse identità
Prima di assumere l’identità del geometra Bonafede, utilizzata a partire almeno dal 2020, quando venne operato di cancro all’ospedale di Mazara del Vallo e utilizzò il codice fiscale e la carta di identità del suo complice, il boss avrebbe dunque fatto uso dei documenti di altre persone.
E con le generalità di altri favoreggiatori avrebbe viaggiato e concluso affari. Piste che gli inquirenti, che stanno tentando di andare a ritroso per ricostruite la latitanza del capomafia, ora approfondiranno.
Il covo di vicolo San Vito
Una casa ordinata, i quadri alla parete, due leoncini di peluche, un divano marrone, una stanza adibita a palestra: l’appartamento in cui il boss Matteo Messina Denaro ha trascorso gli ultimi mesi della latitanza potrebbe essere l’abitazione di un uomo qualunque.
Cosa c’è nella casa di Messina Denaro
Nel salotto una tv, i libri disposti su una mensola, i quadri alle pareti con riproduzioni di dipinti famosi, come i Girasoli di Van Gogh e le foto dei protagonisti del film il Padrino e di Joker, nella stanza adibita a palestra anche l’asse da stiro, decine di scarpe costose sistemate in una scarpiera: un appartamento come tanti. Il filmato con le immagini del covo è stato girato dai carabinieri del Ros che, il 16 gennaio, hanno arrestato il capomafia trapanese e sono risaliti al suo rifugio a Campobello di Mazara.
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