Trapani

Mangiano mandragora, marito e moglie ricoverati in rianimazione

Due coniugi di 69 anni e 67 anni, originari di Castelvetrano, sono stati salvati da avvelenamento presso l’ospedale “Vittorio Emanuele II” di Castelvetrano, dopo che avevano ingerito foglie di mandragola. A raccoglierle in campagna era stato il marito, scambiandole per borragine.

I due sono arrivati al pronto soccorso in stato di allucinazione e sono stati subito intubati e trasferiti in Rianimazione: il marito al nosocomio di Castelvetrano, la moglie, invece, al “Sant’Antonio Abate” di Trapani.

Ai due è stato somministrato l’antidoto e sono stati posti, per 36 ore, sotto osservazione cardiaca e respiratoria, prima di essere dimessi.

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La mandragora è un’erba dalle connotazioni quasi mitologiche. Utilizzata nel medioevo quando si riteneva che aveesse caratteristiche magiche, perlopiù, e nella letteratura storica e cinematografica anche dei tempi recenti (Harry Potter). Quella velenosa è la mandragora autunnale (o mandragola, come fu chiamata da Machiavelli nella sua famosa opera letteraria), tossica, pericolosa e capace di indurre alla morte.

I sintomi che preannunciano l’intossicazione dell’erba velenosa sono molteplici: si va da nausea, vomito, problemi intestinali, secchezza delle fauci e difficoltà a urinare per intossicazioni leggere, fino ad allucinazioni, delirio e tachicardia per le condizioni più gravi.

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Ed è la mandragora la protagonista di una orrenda avventura cui sono incorse lo scorso anno a Palermo madre e figlia, di 72 anni e 56 anni rispettivamente,  che sono adesso ricoverate in gravi condizioni negli ospedali Buccheri La Ferla e Villa Sofia di Palermo per avere ingerito quest’erba acquistata nella zona di via Marchese di Roccaforte da un venditore ambulante proveniente  da Bolognetta

Il venditore ambulante avrebbe venduto loro  borragine ed invece a quanto pare si trattava di mandragora. Le due donne si sono presentate in ospedale con i classici sintomi dell’avvelenamento: confusione mentale, vertigini, nausea, diarrea e malessere generale. Sono salve grazie al coordinamento scattato tra 118 e polizia stradale di Buonfornello.

Per disintossicare le donne occorre un questo caso un antidoto specifico. Il centro antiveleni di Pavia ha segnalato la presenza delle fiale dell’antidoto all’ospedale di Cefalù. Un’auto della polizia stradale è andata a prenderle e le ha portate ai medici del 118 che si trovavano in via Oreto che le hanno smistate al Buccheri dove è ricoverata la figlia e a Villa Sofia dove si trova la madre.

La prognosi per le due donne è riservata. “In seguito all’ingestione di mandragora occorre somministrare un antidoto specifico – spiega il medico Marco Palmeri della centrale operativa del 118 che ha coordinato l’intervento – la fisostigmina. Grazie al centro antiveleni di Pavia siamo riusciti a trovare le fiale a Cefalù. Potrebbero esserci altri casi di avvelenamento per questo abbiamo consegnato ai medici di Villa Sofia alcune fiale in più”.

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