Hanno scelto il rito abbreviato 27 dei 35 imputati per mafia, droga ed estorsione coinvolti nell’inchiesta che, a settembre scorso, ha decapitato i clan di Campobello di Mazara, Marsala e Mazara del Vallo e portato in cella fedelissimi del boss Matteo Messina Denaro come il capomafia Franco Luppino. In sei verranno processati in ordinario e il 9 marzo saranno davanti al gup in udienza preliminare; due le posizioni ancora da definire.
A chiedere l’abbreviato, oltre allo stesso Luppino, sono stati, tra gli altri, Franco ed Ernesto Raia, Antonino Cuttone, Piero Di Natale, Vincenzo Spezia. Il pm della Dda Francesca Dessì concluderà la requisitoria a loro carico il 23 marzo. Il gip ha escluso d’ufficio una parte civile che si era costituita, La Verità Vive Onlus, perché la prefettura di Trapani, ha comunicato che non risulta che l’ente svolga attività sul territorio.
La maxi operazione
Il procedimento nasce da una maxi operazione dei carabinieri del Ros e del comando provinciale di Trapani contro l’area grigia dei presunti favoreggiatori del boss Matteo Messina Denaro. Settanta persone furono indagate, 35 arrestate con le accuse di associazione di tipo mafioso, estorsione, turbata libertà degli incanti, reati in materia di stupefacenti, porto abusivo di armi, gioco d’azzardo e altri reati, tutti aggravati dal metodo e dalle modalità mafiose.
L’indagine dei carabinieri ruotava attorno ad esponenti di primo piano dei mandamenti mafiosi di cosa nostra trapanese e confermò il ruolo di primo piano di Luppino in stretti rapporti con Messina Denaro che, come si è scoperto dopo l’arresto dell’ex latitante, si nascondeva proprio nel paese del capomafia, Campobello di Mazara.
La caccia ai finanziatori
E’ a caccia ai finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro. I pm che hanno coordinato l’indagine che ha portato alla sua cattura stanno cercando di capire come i soldi arrivasse al padrino di Castelvetrano che riusciva a mantenere un tenore di vita elevatissimo. Addosso al capomafia il giorno dell’arresto sono state trovate delle carte di credito riferibili a conti correnti intestati ad alias sui quali, però, non ci sarebbero state disponibilità tali da consentirgli le spese – fino al 15mila euro al mese – abitualmente sostenute.
L’ipotesi è che le somme siano state di volta in volta consegnate al boss nel covo in cui si nascondeva, a Campobello di Mazara. Ma chi portava materialmente il denaro? E da dove arrivava quel fiume di soldi? Si indaga nella cerchia stretta dei favoreggiatori storici e della famiglia del capomafia.
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