E’ stato arrestato Leke Luca, il detenuto albanese evaso lunedì dal carcere San Giuliano di Trapani. Le indagini che hanno portato alla cattura sono state condotte dal Nucleo Investigativo centrale della Polizia Penitenziaria e dai carabinieri.
L’uomo, già protagonista nel 2017 di una fuga dal carcere di Civitavecchia, era riuscito a saltare il muro di cinta dell’istituto di pena. Era nascosto nelle campagne tra Dattilo e Paceco. Era riuscito ad evadere indisturbato lunedì intorno alle 14 dal carcere Pietro Cerulli di Trapani.
Leke alto un metro e 90, si trovava rinchiuso nel nuovo reparto della casa circondariale ma quando i poliziotti sono andati a prelevarlo per farlo rientrare dopo l’ora di aria si sono accordi che il detenuti era fuggito. L’albanese avrebbe scavalcato le mura di cinta del penitenziario. Dalla direzione del carcere dicono che non c’è nulla di semplice in quello che avrebbe fatto. Scavalcare quel muro sarebbe complesso anche per un esperto acrobata. Solo che per Luca non sarebbe la prima volta. Nel 2017 era già evaso dal carcere di Civitavecchia insieme ad un altro detenuto.
Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo si sarebbe servito dell’aiuto di un complice, che lo aspettava fuori dal carcere, per pianificare la fuga.
La caccia al complice adesso continua così come le polemiche. La carente presenza di personale all’interno del carcere ha probabilmente reso la vita facile al fuggiasco. Una situazione più volte denunciata dai sindacati. La FNS CISL Sicilia da tempo denuncia la grave situazione che c’è presso la struttura trapanese, proclamando lo stato di agitazione del personale e addirittura con l’indicazione di non andare a consumare il pranzo e la cena presso la Mensa di Servizio, al fine di attenzionare gli Organi preposti che la situazione è davvero difficile da sopportare. “La situazione in Sicilia è estremamente difficile e complessa – afferma il sindacato in una nota -, una delle regioni dove le presenze detenuti rendono il sistema penitenziario isolano tra i principali d’Italia; sono presenti nei nostri penitenziari circa 6600 detenuti (circa 250 in più al massimo dei posti tollerabili ) dei 60.000 a livello nazionale, che a differenza di altre realtà vedono almeno il 65% di questi già condannati definitivi e tra questi un numero molto importante di reclusi ad elevato indice di pericolosità sociale”.
E anche Armando Algozzino, Commissario nazionale della Uil Pubblica Amministrazione Polizia Penitenziaria, sottolinea l’impoverimento degli organici in atto, un fenomeno acutizzatosi a seguito della legge Madia e del riordino delle carriere. “Ormai si lavora abitualmente con una spaventosa carenza di personale, la cui età media è sempre più alta – chiarisce Algozzino – e l’amministrazione non può continuare a ignorare, colpevolmente, la stanchezza dei poliziotti penitenziari, contro i quali nessun dito può essere puntato, e che semmai occorre ringraziare per l’elevatissima professionalità e dedizione”.
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