Trapani

File segreti su Matteo Messina Denaro, tutti gli indagati respingono le accuse

Hanno respinto le accuse davanti al tribunale del Riesame, al quale hanno chiesto la revoca dei domiciliari, il consigliere comunale di Mazara del Vallo Giorgio Randazzo e il carabiniere Luigi Pirollo, coinvolti nell’inchiesta sulla sottrazione di documenti riservati sulla cattura del boss Matteo Messina Denaro dal server dell’Arma e sul tentativo di vendere il materiale top secret al fotografo Fabrizio Corona.

Randazzo è accusato di ricettazione, il carabiniere, che avrebbe materialmente trafugato i file risponde invece di accesso abusivo al sistema informatico e di violazione del segreto d’ufficio.

Pirollo respinge le accuse

Pirollo ha sostenuto davanti ai giudici che l’accesso al server rientrava tra le sue prerogative e che non c’è prova che la consultazione dei dati avesse un fine illegittimo. Randazzo ha invece puntato sul suo essere incensurato e sul fatto che gli inquirenti non gli avrebbero trovato i file trafugati, eccependo anche l’incompetenza dell’autorità giudiziaria palermitana visto che l’eventuale reato sarebbe stato commesso a Mazara del Vallo. La decisione del Riesame è prevista per la prossima settimana.

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Due accusati agli arresti domiciliari

Il provvedimento cautelare riguarda un Maresciallo dei Carabinieri in servizio presso un comando Compagnia in provincia di Trapani che è accusato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, aggravato dalla funzione di pubblico ufficiale, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio e un consigliere comunale della medesima provincia accusato di ricettazione per aver fatto da intermediario con Corona. la perquisizione, invece, come detto, è scattata a carico di Corona.

Le indagini, svolte dagli stessi Carabinieri di Trapani e Palermo, riguardano proprio la presunta fuga di notizie riservate, connesse alle fasi successive alla cattura del noto latitante Matteo Messina Denaro.

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Il militare, Luigi Pirollo, è accusato di accesso abusivo al sistema informatico e violazione del segreto d’ufficio, il complice, Giorgio Randazzo, di ricettazione.

La ricostruzione

Gli indagati, secondo la ricostruzione investigativa dei Carabinieri e della Procura della Repubblica di Palermo, condivisa dal G.I.P., avrebbero tentato di divulgare, attraverso la pubblicazione su alcune testate giornalistiche on-line, alcuni documenti ancora coperti da segreto investigativo e inerenti le indagini sulle fasi immediatamente successive all’arresto del latitante, verosimilmente carpiti dal maresciallo dei Carabinieri e ceduti da questi al consigliere comunale il quale, probabilmente a scopo di lucro, li avrebbe proposti in vendita al noto giornalista, che avrebbe poi realizzato, con questo materiale, degli scoop.

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