La Cassazione ha reso definitiva la sentenza con cui, il 24 aprile 2018, la Corte d’appello di Palermo confermò la condanna dell’ex consigliere comunale di Campobello di Mazara (Tp), Antonio Di Natale per “induzione indebita a dare o promettere utilità”. A Di Natale furono inflitti tre anni e mezzo di carcere. Per lo stesso reato, sia in primo grado che in appello, è stato condannato (due anni, con pena sospesa) anche un altro ex consigliere comunale campobellese, Giuseppe Napoli.
In questo caso, la sentenza era già definitiva perché l’imputato non ha fatto ricorso in Cassazione. Secondo l’accusa, Di Natale e Napoli avrebbero preteso dall’imprenditore mazarese Vito Quinci una “mazzetta” da 21 mila euro per far approvare, in Consiglio comunale, la delibera relativa alla concessione edilizia chiesta dalla società “Il Faro srl” per la realizzazione di un albergo con 220 camere da costruire, su un’area di circa 80 mila metri quadrati, nella frazione balneare di Tre Fontane.
L’opera è rimasta incompiuta per le difficoltà incontrate da Quinci. Di Natale e Napoli furono arrestati nel maggio 2010 dalla Guardia di finanza. Oltre ai due consiglieri comunali, Vito Quinci denunciò anche il defunto ex sindaco di Campobello di Mazara Ciro Caravà, affermando che questi, nel 2005, quando era consigliere comunale, gli chiese una o più mazzette, per circa 30 mila euro, per votare, e far votare anche ad altri colleghi, favorevolmente la delibera relativa al progetto.
Processato con Di Natale e Napoli, nel 2015 Caravà fu condannato dal Tribunale di Marsala a 4 anni e mezzo di carcere per concussione. Poi, la Corte d’appello di Palermo ha dichiarato il “non doversi procedere” per morte dell’imputato.
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