Un cold case sarebbe stato risolto dai carabinieri del comando provinciale di Trapani. I militari del nucleo investigativo di Trapani hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del tribunale di Trapani, su richiesta della procura, nei confronti Antonio Adamo un pensionato di 69 anni trapanese, accusato di essere il presunto assassino del cognato, Benedetto Ganci, commesso la sera del 5 novembre 1998, nelle campagne di Fulgatore, piccola frazione del Comune di Trapani.
Le indagini aperte dopo le nuove dichiarazioni dei familiari della vittima
Le indagini sono state riaperte dalla Procura di Trapani dopo che una delle figlie della vittima, nell’agosto 2020 (a 22 anni dall’uccisione del padre) si era rivolta al comandante della stazione carabinieri di Salemi, affermando di nutrire dei sospetti sul presunto autore dell’omicidio. Gli spunti offerti dalle dichiarazioni della giovane, che all’epoca dei fatti era ancora minorenne hanno portato alla riapertura del caso rimasto irrisolto.
Il feroce omicidio il 5 novembre del 1998
È stato ripreso il fascicolo in precedenza archiviato. Benedetto Ganci, dopo essere stato attirato in campagna, era stato ucciso con ferocia, colpito con violenza al corpo con alcuni paletti in cemento. Ganci è morto per le gravi lesioni provocate.
Gli inquirenti grazie a intercettazione e dichiarazioni rese dal nucleo familiare della vittima avrebbero ricostruito quanto avvenne quella sera.
La vittima non voleva che il cognato si avvicinasse alle figlie
Benedetto Ganci aveva notato le morbose attenzioni del cognato Amato verso le sue figlie una di questa minorenne all’epoca del delitto.
Più volte lo aveva rimproverato e gli aveva intimato di state lontano dalle nipoti.
Ganci sarebbe stato ucciso dal cognato, secondo quanto ricostruito dai carabinieri, per eliminare un ostacolo ai desideri sessuali nutriti dall’indagato nei confronti della ragazza. Ganci sarebbe stato, pertanto, attirato in un casolare di campagna, lontano centro abitato, e lì barbaramente ucciso.
Secondo i carabinieri il padre di Adamo, defunto, non avrebbe raccontato agli investigatori che avrebbe sorpreso il figlio pulirsi da alcune macchie di sangue. Il gip ha firmato l’arresto per il pericolo di inquinamento delle prove che per il pericolo di fuga dell’indagato.
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