Agenti della polizia penitenziaria sono stati aggrediti nel carcere di Trapani. A darne notizia è la Uilpa polizia penitenziaria che denuncia le condizioni lavorative dei poliziotti. L’aggressione sarebbe figlia di un sistema complessiva, secondo il sindacato, che non garantirebbe sicurezza.
“Cinque agenti della polizia penitenziaria in servizio al carcere Pietro Cerulli di Trapani sono finiti al pronto soccorso dopo essere stati aggrediti da un detenuto violento. Uno degli agenti pare abbia subito addirittura la frattura dal setto nasale”. E quanto ha denunciato la segreteria regionale della Uilpa. “La mattanza non è per i detenuti, ma per il personale di Polizia Penitenziaria, che subisce le violenze gratuitamente, perché oramai le carceri sono in mano ai detenuti – aggiunge il sindacato -, sentiamo dire che i violenti sono i poliziotti penitenziari, quando oggi invece sono lo le vittime del sistema”.
Un’aggressione avvenuta per futili motivi. “Pare che il motivo dell’attacco fisico è motivato dalla volontà del carcerato di richiedere un beneficio che non gli spettava, e a fronte dalla giusta negazione, il detenuto si è scagliato contro il personale di polizia penitenziaria. Purtroppo il carcere di Trapani – aggiungono dalla Uilpa – è diventato una polveriera, tra introduzioni di droga, telefonini, tramite droni, le aggressioni sono aumentate in maniera indescrivibile, e fermo restando la carenza di organico, la violenza verso chi opera nelle trincee, non trova l’adeguata attenzione da parte della ministra e della politica, adducendo il tutto ad un fantomatico sovraffollamento”.
“Oggi senza ombra di smentita, – insistono i sindacalisti Uil – la furia nelle carceri è solo in capo al personale di polizia penitenziaria, che sta trovando terreno fertile nelle discussioni da parte di taluni scienziati che lo conoscono solo dall’alto delle loro cattedre, e quindi invece di portare ordine, sicurezza e trattamento, con le loro teorie stanno demolendo le regole, poiché se oggi cerchiamo di contenere le violenze abbiamo la spada di Damocle del reato di tortura e altro”.