Un viaggio attraverso le immagini e le parole in luoghi ricchi di storia, di monumenti, di siti archeologici, di posti che rimandano alla memoria, a volte anche a fatti di cronaca legati alla mafia e allo stesso modo al contrasto alla criminalità organizzata. Un fotoracconto attraverso i sentieri e le strade del territorio trapanese con le immagini scattate dal giornalista dell’Ansa, Giovanni Franco e arricchito dai testi di, in ordine alfabetico, Fabrizio Carrera, Nicola Cristaldi, Mariza D’Anna, Giovanni Isgrò, Gianfranco Marrone e Vito Orlando, saggisti e scrittori che conoscono bene quel territorio. Con un disegno di Franco Donarelli. È questo in sintesi “Busiate”, un volume edito dalla casa editrice Libridine diretta da Francesco Sferlazzo. (220 pagine, 170 foto, 20 euro), in vendita in questi giorni. Il titolo del volume si riferisce ad un tipo di pasta tipico di questa parte della Sicilia occidentale.
Scrive Giovanni Franco nella prefazione: “Percorrere una strada in penombra e improvvisamente, come se avessero acceso dall’alto mille fari, ritrovarsi immersi nella luce. Alla mia vista si alza il sipario e in scena appaiono illuminati paesaggi, persone, animali e case che si trasformano in attori protagonisti del reportage. Ecco la sensazione che provo quando, con la macchina fotografica, arrivo nel Trapanese per scrivere con la luce che, come dice il grande reporter Uliano Lucas, “dà suggestioni, fa parlare l’immagine conferendole la sua specifica impronta emotiva. Ti aiuta a comunicare certi messaggi. Per questo la aspetti, la cerchi”.
Sostiene Carrera: “Il trapanese è un territorio tutto proiettato ad ovest, tra due mari, dolci colline ma con una storia ricca, ricchissima, di colori, odori e sapori. Trapani è una delle province dal territorio sufficientemente vasto per offrire tanti microclimi e paesaggi diversi ma anche tramonti suggestivi. E, curiosamente, una bassa densità, circa 190 abitanti per chilometro quadrato, tutti concentrati sulla costa. Tutta la provincia ormai è sempre più una destinazione turistica. Grazie anche al suo appeal gastronomico”. E chiarisce Marrone: “Cassatelle a Castellammare, genovesi a Erice, cannoli a Dattilo. Ecco il triangolo dolciario del trapanese. Che ho sentito pronunciare la prima volta, tempo fa, quando mi capitava più spesso, per i casi della vita, di frequentare quella provincia a tutto tondo”.
Fulcro della provincia è Trapani che D’anna descrive così: “Cosa c’è di più bello di una città sul mare, adagiata su una striscia di terra curvilinea dove l’Europa finisce, dove la strada ferrata si fa piccola e silenziosa e dove non si è mai di passaggio. Trapani è accomodata nel cuore di un Mediterraneo, avamposto proteso verso il Nord Africa, terra di mezzo tra due continenti, conquistata, dominata, complessa, assuefatta ma geograficamente fortunatissima”. Luoghi che hanno visto anche la nascita di tanti periodici. Scrive Orlando: “La stampa trapanese ha una storia antica, segno di una vivacità culturale diluitasi solo negli ultimi sessant’anni.
Il primo foglio di cui si ha memoria risale addirittura al 1818, con “Il giornale dell’intendenza di Trapani”, mensile che fu pubblicato fino alla fine dell’epoca borbonica nel 1860, seppure il primo a pieno titolo fu nel febbraio 1858 il quindicinale L’Iniziatore, “foglio di scienze, lettere e arti” diretto da Giuseppe Cascio Cortese, docente del liceo Ximenes, e pubblicato fino al gennaio 1859, espressione di quella borghesia intellettuale fautrice, pochi mesi dopo, del sostegno popolare dei trapanesi all’impresa garibaldina”. Questo lembo di Sicilia è anche ricco di tradizioni tra fede e storia. Come il festino molto sentito di San Vito a Mazara del Vallo la cui direzione artistica è di Isgro. “Dall’inizio della mia esperienza capii subito che – afferma – Bisognava alzare il livello culturale dell’evento, scavando nella memoria sei-settecentesca che lo aveva generato”. Quei territori fanno nascere nei visitatori il desiderio di immergersi con l’immaginazione in un mondo di misteri e di leggende. Ed è questo lo spunto per un racconto ambientato a Calatafimi Segesta scritto da Cristaldi che conosce bene quel posto essendone stato sindaco per dieci anni. “Arrivò un dio dalle penne bianche come la neve, con un potere straordinario: poteva trasformarsi in uccello a suo piacimento. Quando voleva esplorare le terre alte e osservare il mondo dall’alto, si trasformava in un’aquila imponente”.