Più volte aveva manifestato posizioni radicali, sostenendo l’Isis e annunciando di voler portare suo figlio, appena avesse compiuto tredici anni, a combattere la jihad. Sono i motivi che hanno spinto il ministro dell’Interno Marco Minniti a firmare un provvedimento di espulsione nei confronti di un trentenne tunisino. Si tratta della 42/a espulsione per motivi di sicurezza dello Stato dall’inizio dell’anno, la 279/a dal 2015. Il tunisino era finito nel mirino delle forze di polizia già nel novembre 2015, quando aveva festeggiato per gli attentati di Parigi.
In diverse occasioni, inoltre, aveva mostrato posizioni radicali e una forte ostilità verso la società occidentale. Le successive indagini hanno confermato il suo percorso di radicalizzazione, che lo aveva portato a sposare l’ideologia dello Stato Islamico al punto di annunciare la volontà di voler portare il figlio a “combattere per la religione”. Il trentenne, dopo esser stato fermato, è stato così riaccompagnato nel suo paese con un volo partito da Fiumicino e diretto a Tunisi.
L’inchiesta è stata condotta dalla Digos di Trapani, città in cui il nordafricano viveva. Dopo aver inneggiato agli attentati di Parigi del 2015, il giovane aveva modificato il proprio comportamento, facendosi crescere la barba e diventando un fervente praticante della religione musulmana, grazie anche alla sua assidua frequentazione della moschea.
Il tunisino seguiva sul tablet sermoni in lingua araba recitati da diversi predicatori, dal forte contenuto antisemita e spesso inneggianti alla jihad come quelli di Kamel Zarrouk, l’estremista, che sarebbe rimasto ucciso nel 2015 dai bombardamenti delle forze statunitensi, considerato il numero due dell’organizzazione terroristica islamica di origine tunisina “Ansar Al Sharia”