Sembra essere ad una svolta importante il processo contro un ex agente assicurativo della Fondiaria Sai di Siracusa, Luciano Aparo, accusato di truffa per aver accumulato, secondo la Procura di Siracusa, oltre 2 milioni di euro con finte obbligazioni. Il pm, Gaetano Bono, ha chiamato a testimoniare due dipendenti ex Fondiaria Sai ed ora Unipol Sai che, rispondendo alle domande della pubblica accusa, hanno raccontato di quel sabato di dicembre del 2012 quando il loro agente generale, l’imputato, si presentò nella filiale di Siracusa non solo per congedarsi ma anche per prelevare i soldi contenuti nella cassaforte. “Prima ci parlò – ha racconta una impiegata amministrativa – dicendoci che il rapporto professionale era finito. Era ancora il nostro capo, essendo l’agente generale, ma non veniva al lavoro dal mese di novembre. Quel sabato mi chiese di prendere i soldi, custoditi in cassa, che erano gli incassi della filiale, e di darglieli. E così feci”. I soldi, secondo la tesi dell’accusa, non sarebbero finiti nel conto dell’agenzia che, proprio in quel periodo, secondo quanto emerso nelle indagini, inviò degli ispettori a causa di alcuni movimenti di soldi poco chiari, legati a delle polizze.
Ha testimoniato un’altra dipendente, confermando, sostanzialmente, la ricostruzione della sua collega ma l’imputato ha fornito delle dichiarazioni spontanee. L’ex agente generale ha detto al giudice del tribunale di Siracusa che era in possesso delle chiavi e della combinazione della cassa, per cui non avrebbe avuto alcun motivo di chiedere ai suoi dipendenti la consegna del denaro.
Uno dei presunti truffati, che ha già testimoniato, è il titolare di un negozio di ottica, difeso dall’avvocato Bruno Leone, che avrebbe investito circa 300 mila euro in quelle obbligazioni, con un interesse del 5 per cento annuo, prospettategli da Aparo, secondo la sua ricostruzione. Ci avrebbe anche guadagnato ma quando l’ex agente assicurativo si sarebbe dileguato, facendo perdere le sue tracce, sarebbero andati in fumo 100 mila euro investiti. E per la restituzione si è rivolto alla Sai Fondiaria, parte lesa in questa vicenda.
Per gli inquirenti, lo stesso Aparo, al fine di rendere irrintracciabile quella mole dei denaro, avrebbe deciso di investirlo in beni grazie all’aiuto di tre familiari, che, invece, rispondono di riciclaggio.
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