I giudici della Corte di Cassazione di Roma hanno respinto il ricorso presentato dal parlamentare regionale Pippo Gennuso che aveva patteggiato la pena ad un anno e due mesi di reclusione per traffico di influenze.
Una vicenda giudiziaria culminata nel febbraio scorso con l’arresto dello stesso deputato all’Ars insieme a tre giudici, tra cui l’ex presidente del Cga, Raffaele De Lipsis. Secondo l’accusa, l’esponente politico avrebbe pagato una tangente da 40 mila euro perché il Cga accogliesse un suo ricorso al fine di disporre una mini tornata elettorale in 9 sezioni, tra Pachino e Rosolini. In effetti, quelle piccole elezioni regionali si tennero nel 2014 consentendo a Gennuso di tornare all’Ars a scapito di Pippo Gianni, attuale sindaco di Priolo.
In realtà, Gennuso, originariamente, era accusato di aver corrotto i giudici, grazie alla mediazione dell’avvocato Giuseppe Calafiore, coinvolto nell’inchiesta Sistema Siracusa su un giro di sentenze comprate per favorire imprenditori amici, poi il capo di imputazione si è trasformato in traffico di influenze. Lo stesso imputato, nel corso dell’interrogatorio, aveva negato che quei soldi sarebbero serviti per pagare il giudice. Li avrebbe messi a disposizione del suo consulente per attività di lobbying.
Alla luce di questo cambio di imputazione, secondo la difesa di Gennuso, “il giudice avrebbe dovuto adottare una sentenza di proscioglimento, perché il fatto non sussiste, non costituisce reato ovvero non averlo commesso”.
Per i giudici della Corte di Cassazione non ci sono i presupposti per accogliere l’istanza presentata dal collegio del parlamentare per cui la pena frutto del patteggiamento è confermata.
“La contestazione dell’erronea – scrivono i giudici- qualificazione giuridica del fatto risulta inconsistente e si risolve nella richiesta di rilettura degli atti processuali, selezionati nel ricorso, sostanzianti l’erronea qualificazione giuridica attribuita ai fatti sulla quale si era registrato il consenso tra le
parti. Deve essere ribadito che la qualificazione giuridica ritenuta in sentenza, che corrisponda – scrivono i giudici- a quella oggetto del libero accordo tra le parti, può essere messa in discussione con il ricorso per cassazione solo quando risulti, con indiscussa immediatezza, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione”. Ed ancora “la eccentricità della qualificazione giuridica non
appare evidente al confronto con il capo di imputazione e con le condotte materiali ivi descritte qualificate dalla indebita ingerenza, attraverso l’opera di mediazione con il funzionario, nella
decisione giudiziaria”.
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