“Per la prima volta del suicidio di un detenuto in cella sono chiamati a rispondere la direttrice e il medico della struttura penitenziaria”. Lo afferma Aldo Di Giacomo, segretario generale del Spp, sindacato polizia Penitenziaria, in merito al dramma di una 40enne avvenuto nella sua cella del carcere di Augusta il 14 maggio del 2021. Secondo il sindacalista, su questa vicenda le responsabilità sono ben altre.
È il caso della morte del quarantenne, detenuto nel carcere di Augusta (Siracusa) che si è suicidato nella sua cella il 14 maggio 2021. Una vicenda che apre un nuovo fronte di responsabilità scaricando su dirigente e medico una situazione che ha ben altre ed alte responsabilità.
Nella tesi del sindacalista del Spp, gli agenti in servizio spesso sventano suicidi ma al tempo stesso “la sorveglianza non può essere scambiata per assistenza psichiatrica e psicologica di cui hanno bisogno in continuità soprattutto i detenuti più fragili o comunque con problemi psichici”.
Da tempo, l’organizzazione sindacale sollecita delle iniziative. “Noi da tempo sollecitiamo l’apertura di uno Sportello di sostegno psicologico in ogni carcere e il rafforzamento del personale sanitario ed infermieristico specializzato tenuto conto che oggi la sanità penitenziaria, trasferita alle Regioni, si riduce al massimo ad un ambulatorio per cure generiche”.
“A meno che non si tratti – sottolinea Di Giacomo – di detenuto eccellente come è accaduto per il boss dei boss Messina Denaro per il quale sono state organizzate cure di alta specializzazione e persino un intervento chirurgico. Ma per tutti gli altri detenuti comuni non esiste nemmeno la possibilità di cure dentarie” prosegue Di Giacomo.
Il segretario generale del Spp chiede un piano di assunzioni. “Nei giorni scorsi nell’Sos che abbiamo lanciato a politici, magistrati, esponenti della cultura, dell’informazione, della società civile abbiamo indicato tra le priorità : un serio piano di assunzioni che preveda in un prossimo quinquennio almeno l’immissione in ruolo di 20.000 nuove unità di polizia penitenziaria, tenuto conto che la media di età del personale è abbondantemente al di sopra dei 50 anni, a cui aggiungere personale sanitario; valutare la riapertura di strutture apposite (ex Ospedali Psichiatrici Giudiziari) ove poter adeguatamente trattare e contenere persone che hanno commesso gravi crimini e che presentano problemi di natura psichiatrica, persone queste oggi abbandonate all’interno delle normali carceri con seri danni per la loro stessa salute e per tutti coloro che sono costretti a subirne la convivenza spesso insostenibile e violenta”.