“Sono innocente ed ho sempre agito in buona fede”. Lo ha detto nel corso dell’interrogatorio di garanzia al palazzo di giustizia di Siracusa Sebastiano Troia, l’avvocato originario di Avola, uno dei penalisti più noti del Siracusano, arrestato dalla Guardia di finanza perché accusato di aver ceduto droga in carcere ad un detenuto.
E’ durato oltre due ore l’interrogatorio dell’indagato, difeso dagli avvocati Puccio Forestiere, Fabiola Fuccio e Luca Ruaro, davanti al gip del tribunale, Carla Frau, ed ai magistrati, il Procuratore Sabrina Gambino, ed i sostituti Carlo Enea Parodi e Priolo.
Troia, durante la sua deposizione, ha rigettato le accuse mosse dalla Procura ma è anche entrato nel merito delle intercettazioni telefoniche che sono tra le fondamenta delle indagini, condotte dai militari della Guardia di finanza. “In alcune di queste intercettazioni tra i vari soggetti interessati – ha detto a BlogSicilia l’avvocato Puccio Forestiere – si comprende benissimo che l’ingresso della droga è avvenuto all’insaputa del mio assistito. Insomma, la buona fede è assoluta”. E’ stata depositata una corposa memoria dal collegio difensivo di Sebastiano Troia che ha chiesto la revoca degli arresti domiciliari e nelle prossime ore sarà sciolta la riserva dal tribunale. Se l’esito dovesse essere negativo, i difensori sono pronti a presentare ricorso al tribunale del Riesame di Catania. In mattinata, è stata interrogata l’altra indagata di questa vicenda giudiziaria, la compagna del detenuto del carcere di Cavadonna a cui sarebbero arrivate le partite di droga. La donna, rappresentata dall’avvocato Aldo Valtimora, ha spiegato di non sapere che la droga finiva in carcere. Il difensore ha avanzato la richiesta per la revoca dell’obbligo di dimora emesso nei giorni scorsi dal gip.
Secondo gli inquirenti, all’approvvigionamento di droga avrebbero partecipato i familiari del detenuto, la ex moglie e le figlie che avrebbero consegnato il fumo all’attuale compagna che l’avrebbe occultato in vasetti di crema per uso cosmetico, poi affidati al legale, nella tesi dell’accusa. “Dalle indagini è emerso poi che il detenuto, pur ristretto in carcere, ha – spiegano dalla Finanza – illegalmente avuto in uso telefoni cellulari attraverso i quali periodicamente spiccava ai propri congiunti gli ordinativi di stupefacenti. Le attività di intercettazione delle utenze telefoniche in uso a queste persone, coniugate a ulteriori riscontri investigativi acquisiti sul campo, hanno consentito di ricostruire, nel periodo intercorrente tra la fine di novembre dello scorso anno e i primi giorni di febbraio del corrente anno, sei distinte consegne di sostanze psicotrope,eseguite dall’avvocato “in barba ai controlli” e in atteggiamento di complicità e di illecita intesa con tutti i soggetti coinvolti, con i quali egli avrebbe invece dovuto intrattenere rapporti esclusivamente professionali”.
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