Sono state rese note le motivazioni della sentenza del Tribunale di Messina sul processo denominato Sistema Siracusa attorno ad un presunto giro di corruzione di giudici e magistrati. Sono 9 le persone che sono state condannate, due le assoluzioni al termine del procedimento, in primo grado.
Amara e Calafiore
L’inchiesta nasce dopo la segnalazione di 8 magistrati di Siracusa che avrebbero avuto più di una perplessità sulle condotte di alcuni loro colleghi, il pm Giancarlo Longo in particolare, che, nella tesi della Procura di Messina avallata dai giudici del Tribunale di Messina, sarebbe stato al servizio degli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore, i quali avrebbero usato Longo e poi altri giudici per aggiustare i processi penali o amministrativi al fine di aiutare persone o imprese a loro vicine. Il magistrato ed i due professionisti siracusani non sono entrati nel processo in quanto hanno scelto di patteggiare.
Centofanti paga viaggio al pm Longo
Nelle motivazioni della sentenza, emerge il ruolo che ogni imputato ha avuto in questa delicatissima vicenda. Una delle figure chiave è certamente l’imprenditore romano Fabrizio Centofanti che sarebbe stato “usato” da Amara, il quale avrebbe sfruttato la disponibilità economica del finanziere per circuire il pm Longo, a cui fu pagata una vacanza a Dubai. C’era una ragione ben precisa per il coinvolgimento di Centofanti.
Il soggiorno a Dubai
“Amara, con o senza Calafiore, non avrebbe avuto alcun problema a sostenere l’esborso” si legge nel provvedimento. “Intravedeva, invece, l’opportunità di farlo finanziare da Centofanti, offrendogli la possibilità di creare durante il viaggio una relazione amicale ed anche di debito che può essere compresa solo nel quadro di quelle che erano all’epoca le relazioni di Centofanti con alcuni magistrati anche in altre sedi giudiziarie”. In sostanza, l’amicizia di Longo, “avrebbe potuto tornare comodo anche a lui per ogni futura necessità”.
Ferraro, braccio destro di Amara
Tra i condannati c’è anche l’imprenditore Alessandro Ferraro, indicato come uno stretto collaboratore di Piero Amara. Secondo il Tribunale, Ferraro sarebbe stato la “cerniera per una serie di relazioni corruttive con Longo e quindi riscontrata l’accusa di essere stato braccio operativo primario della corruzione del magistrato“.
Il finto sequestro ed il caso Eni
Ferraro si sarebbe reso protagonista di una denuncia presentata alla Procura di Siracusa in quanto vittima di un sequestro di persona, legato ad un tentativo di danneggiare l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi. Si trattava, per i giudici, “di una gravissima operazione di depistaggio organizzata da Amara” allo scopo di consentire alla Procura siracusana di aprire un’inchiesta, grazie al pm Longo e consentire a quest’ultimo di ottenere informazioni dai magistrati milanesi nell’inchiesta Eni Nigeria.
Il ruolo del giudice Mineo
Nella presunta rete corruttiva sarebbe caduto anche il giudice del Consiglio di giustizia amministrativa Giuseppe Mineo, anche lui condannato, che, su sollecitazione di Amara e Calafiore, sarebbe intervenuto nei procedimenti giudiziari di due imprese, la Open Land e la Am Group, vicine ai due professionisti, che avevano dei contenziosi con il Comune di Siracusa e la Sovrintendenza.
Le spese per le cure dell’ex presidente della Regione Drago
Per agganciare Mineo, i due avvocati siracusani avrebbero messo a disposizione una cospicua somma, oltre 115 mila euro, versata da una società amica su un conto maltese, intestato ad Alessandro Ferraro, che sarebbero serviti per pagare le cure sanitarie in Malesia all’ex presidente della Regione, Giuseppe Drago, amico di Mineo. Sarebbe stato quest’ultimo a chiedere ad Amara e Calafiore di interessarsi della vicenda. Come contropartita, secondo l’accusa, i due professionisti avrebbero pressato il giudice per favorire, in giudizio, quelle due imprese, legate al gruppo imprenditoriale siracusano Frontino.
Mineo ed i processi delle aziende amiche di Amara e Calafiore
Mineo, “rivestiva all’epoca dei fatti, che si sviluppano tra il 2015 ed il 2016, la qualifica di magistrato presso il Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana ed era divenuto il giudice relatore di due contenziosi, provenienti dal Tar di Catania, di rilevantissimo interesse per Amara e Calafiore”. Secondo i giudici, “l’influenza dei due avvocati (Amara e Calafiore ndr) all’interno del Cga era enorme e vi furono tentativi per influenzare anche altri giudici, a livello ben più elevati”.
I rapporti tra Amara e Verdini
Sotto processo è finito anche l’ex senatore Denis Verdini, che ha rimediato una condanna. Amara si sarebbe rivolto a lui per promuovere, attraverso le sue relazioni, il giudice Mineo che ambiva al Consiglio di Stato.
Scrivono i giudici: “Per quanto la scelta ampiamente discrezionale e rimessa agli organi di vertice politici potesse legittimamente portare a segnalazioni, la sollecitazione dell’onorevole Lotti, per il tramite di Verdini, a nominare il professor Mineo consigliere di Stato non appare il prodotto di una cortesia ma parte di quella manovra corruttiva finalizzata ad avere piena presa su Mineo”.
I soldi a Verdini per promuovere Mineo
Inoltre, “è certo che Verdini -si legge nel provvedimento – ha ricevuto da Amara e Calafiore somme consistenti, circa 300 mila euro, provenienti dalla società Open Land senza alcuna deliberazione dell’organo societario e senza alcuna iscrizione a bilancio della società” .
Ed ancora, “tali versamenti spiegano perché Verdini abbia provveduto a sponsorizzare, insieme ad altre suggerite da Amara, la candidatura di Mineo al Consiglio di Stato, segnando il suo nominativo ed inviando il suo curriculum a Luca Lotti, all’epoca dei fatti sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri e che in tale veste si occupava anche delle nomine governative al Consiglio di Stato” .
Le condanne in primo grado
Sono 9 le persone condannate e due gli assolti, al termine del procedimento, in primo grado: 6 anni e 2 mesi Giuseppe Mineo ex magistrato del Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana; 2 anni per Denis Verdini ex senatore di Ala. L’imprenditore romano Fabrizio Centofanti ha rimediato 6 anni di reclusione; Gianluca De Micheli 6 anni e 3 mesi, Alessandro Ferraro 7 anni, Giuseppe Guastella 1 anno, 6 mesi con il beneficio della pena sospesa, Vincenzo Naso 6 anni e 2 mesi, Salvatore Maria Pace 6 anni e 5 mesi, Mauro Verace 6 anni e 9 mesi. Prescrizione per il notaio Giovambattista Coltraro. Assolti Riccardo Sciuto e Sebastiano Miano
Commenta con Facebook