Il sequestro del depuratore Ias rischia di paralizzare l’attività delle aziende del Petrolchimico. I colossi della zona industriale utilizzano, infatti, l’impianto per il conferimento dei reflui industriali ma l’azione del Tribunale di Siracusa ha di fatto bloccato tutto.
Per la Procura di Siracusa, l’ipotesi è di disastro ambientale, in sostanza, secondo gli inquirenti, non vi sarebbe stata una depurazione ottimale con l’inevitabile inquinamento del mare.
I sindacati chiedono intervento del prefetto
“Un tavolo di coordinamento in Prefettura che metta insieme imprese, deputazioni nazionale e regionale, Confindustria e sindacati per fare il punto sulla situazione venutasi a creare nella zona industriale dopo il provvedimento di sequestro dell’impianto consortile dell’Ias”. Questa la richiesta condivisa dai segretari generali di Cgil, Cisl e Uil territoriali, Roberto Alosi, Vera Carasi e Luisella Lionti.
“Crediamo sia necessario chiedere al Prefetto di convocare un tavolo di coordinamento – hanno detto i tre segretari – La situazione venutasi a creare impone un’analisi precisa sulle necessità delle aziende e sui tempi ancora a disposizione per scongiurare qualsiasi ipotesi di fermo degli impianti”
La posizione del Pd
“Nessuno ha interesse a chiudere il polo industriale – dice Salvo Adorno, segretario del Pd Siracusa – e mandare a casa migliaia di lavoratori, facendo ripiombare l’economia ai livelli del secondo dopoguerra. Certo è che, seppur nel perseguimento degli eventuali reati, occorre trovare soluzioni che da un lato perseguano l’obiettivo primario della tutela della salute, garantiscano il rispetto delle norme di legge e dall’altro tengano conto del problema assai importante dell’occupazione”.
“Soluzioni che si spera possano essere individuate in tempi brevi e per le quali può tornare centrale il ruolo della Prefettura. In questo contesto è arrivato il momento di rivedere radicalmente il ruolo dell’Ias, della sua struttura societaria e dei rapporti tra privato e pubblico.”
Le colpe alla Regione
Sulla vicenda è intervenuto anche Salvo Baio, esponente storico del Pd, che, però, accende i riflettori sulle responsabilità della Regione. Baio sostiene che l’inchiesta è figlia di quella del 2019 denominata No Fly sulle emissioni di cattivi odori dalla zona industriale sempre della Procura, da cui scaturirono delle prescrizioni che i vertici di Ias avrebbero dovuto ottemperare.
“Il management dell’Ias, raccordandosi con i tecnici della Procura, ha successivamente predisposto un progetto di ristrutturazione del costo di dieci/dodici milioni per mettere a norma il depuratore” dice Baio
Il ruolo dell’Irsap
“Questo progetto però non è stato eseguito per mancanza di risorse finanziarie. Questo è a mio avviso il cuore del problema e probabilmente una delle cause principali che ha dato vita all’ inchiesta della Procura. A chi spetta finanziare il progetto? Trattandosi di manutenzione straordinaria, il costo degli interventi di risanamento non può che essere a carico del proprietario dell’impianto, cioè dell’Irsap e quindi della Regione Sicilia. Cosa che naturalmente non è avvenuta”.
“L’organismo di gestione dell’Ias ha inserito la richiesta di finanziamento nell’istanza di riconoscimento di area di crisi industriale complessa che il governo Draghi ad oggi non ha esitato. Le industrie che fruiscono del depuratore si sono dichiarate disponibili ad intervenire con proprie risorse a fronte della garanzia a proseguire nell’esercizio dell’impianto per un congruo arco temporale, garanzia che nessuno può dare tenuto conto della provvisorietà del rapporto convenzionale con l’Irsap. In questo quadro precario, quale banca concede un mutuo così rilevante senza robuste garanzie?”
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