Il pm della Dda di Catania, al termine della requisitoria davanti al gup del Tribunale di Catania, ha richiesto oltre 200 anni di carcere nei confronti dei 20 imputati del processo scaturito dall’operazione antimafia Borgata conclusa dai carabinieri nel novembre dello scorso anno con l’emissione di 19 misure cautelari. Il procedimento, su richiesta delle difese degli imputati, tra cui l’avvocato Junio Celesti, si celebra con il rito abbreviato.
Le richieste del pm per i 20 imputati
Gianclaudio Assenza: 20 anni di reclusione; Claudio Barone: 3 anni; Salvatore Barresi: 14 anni; Luca Costanzo: 8 mesi; Concetto Paolo Ficara: 6 anni; Francesco Giliberto: 10 anni ed 8 mesi; Simone Glietti: 4 anni; Danilo Greco: 20 anni; Robert Iacono: 10 anni; Francesco Fiorentino: 10 anni; Massimo Mancino: 9 anni e 4 mesi; Giuseppe Messina: 12 anni; Michael Motta: 12 anni; Johnny Pezzinga: 16 anni; Davide Pincio: 20 anni; Salvatore Polini: 6 anni ed 8 mesi; Andrea Raitano: 10 anni ed 8 mesi; Ivana Rizza: 6 anni; Cristian Toromosca: 2 anni; Morena Zagarella: 12 anni.
Il controllo dello spaccio
Secondo quanto emerso nell’inchiesta, il gruppo, oltre a controllare le piazze di spaccio del loro quartiere avrebbe allargato la gestione in altre zone, imponendosi, inoltre, come unico referente per il rifornimento di cocaina dalla Calabria attraverso azioni di fuoco e attentati dinamitardi e incendiari.
La scalata di Greco e Costanzo
Dai riscontri, attraverso le indagini sul campo e le intercettazioni, i carabinieri hanno scoperto un cambio di equilibrio dentro le cosche di Siracusa, in particolare si sarebbe accertato il declino del clan Santa Panagia, storicamente legato a Santapaola di Catania, per via della lunga detenzione dei vertici del sodalizio.
Un vuoto colmato, nella tesi della Dda e dei carabinieri di Siracusa, da Danilo Greco e Luca Costanzo, diventato collaboratore di giustizia, le cui dichiarazioni hanno consentito ai magistrati di ricostruire nel dettaglio l’intera organizzazione del gruppo.
L’investitura
Per gli inquirenti, una data importante, in questo riequilibrio mafioso, è il 20 febbraio del 2020, giorno in cui, grazie ad un dialogo intercettato, i carabinieri avrebbero avuto contezza del passaggio di consegne nel clan Santa Panagia, affidato, sempre secondo gli investigatori proprio a Costanzo e Greco.
Il dialogo intercettato
In questa conversazione, Greco, parlando con Costanzo, gli avrebbe spiegato di avere incontrato una persona che gli aveva “lasciato le chiavi di casa”. Questo interlocutore misterioso, a parere dei magistrati della Dda di Catania, sarebbe stato Giovanni Latino, ritenuto uno dei capi storici del clan Santa Panagia, in quel periodo detenuto in carcere ma nella tesi degli investigatori sarebbe riuscito ad incontrare Greco sfruttando un permesso di poche ore.
La fusione dei gruppi e gli anelli di congiunzione
Nell’inchiesta ci sono altre figure chiave che testimonierebbero la fusione tra i gruppi Borgata e Santa Panagia. Tra questi Davide Pincio, considerato come storico esponente di Santa Panagia che avrebbe avuto un ruolo chiaro, quello di approvvigionamento e deposito della droga. Di recente, ha rimediato una condanna in Appello pari a sei anni di carcere per detenzione di stupefacenti. Pure Salvatore Barresi è indicato come affiliato a Santa Panagia che, nella tesi della Dda e dei carabinieri, avrebbe avuto il compito di provvedere ai rifornimenti con i canali calabresi.
Il gestore dello spaccio alla Borgata ed i picciotti
L’inchiesta avrebbe permesso di comprendere che a gestire lo spaccio alla Borgata sarebbe stato Gianclaudio Assenza che avrebbe usato la sua abitazione come base logistica per lo smercio nel quartiere, provvedendo agli stipendi ed alla turnazione degli spacciatori, con la collaborazione, secondo l’accusa, della sua compagna. I pusher sarebbero stati Glietti, Messina, Raitano, Sessa e Motta.
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