E’ stato condannato dalla Corte di Appello di Catania a 16 anni di reclusione per omicidio Marco Gennaro, 22 anni, siracusano, accusato, insieme ad un amico, della morte di un anziano, Giuseppe Scarso, 80 anni, picchiato e poi dato alle fiamme nella sua abitazione nell’ottobre del 2016 e poi deceduto in ospedale, al Cannizzaro di Catania, un mese e mezzo dopo la brutale aggressione.
In primo grado, al termine del processo con il rito abbreviato, il gup del tribunale di Siracusa aveva emesso una pena pari a 10 anni di carcere per Gennaro mentre il complice, Andrea Tranchina, 21 anni, aveva rimediato una condanna a 20 anni di reclusione dai giudici della Corte di Assise di Siracusa. Nel processo davanti al gup, alla sbarra c’era un altro giovane, Sebastiano Amorelli, condannato a 4 mesi per stalking, amico dei due, che però non avrebbe partecipato alla spedizione contro l’anziano.
Per gli inquirenti, ad intrufolarsi nella casa del pensionato sarebbero stati Gennaro e Tranchina ma sarebbe stato quest’ultimo a gettare del liquido infiammabile e a dare fuoco all’anziano. Secondo gli inquirenti, prima di quella terribile bravata ce ne sarebbero state altre due ma decisamente meno cruente. Sono state le immagini delle telecamere di sicurezza di un distributore di benzina, non molto distante dalla casa del pensionato, a dare i primi indizi alle forze dell’ordine. La svolta è arrivata dopo un interrogatorio di un amico dei presunti autori dell’omicidio che agli agenti della Squadra mobile avrebbe raccontato dei dettagli importanti su quella drammatica notte.
La difesa di Gennaro, rappresentata da Aldo Ganci, ha sempre sottolineato che il giovane sarebbe uscito dalla casa del pensionato, al ronco II di via Grottasanta, nella nord nord di Siracusa, prima che la vittima si trasformasse in una torcia umana, addebitando, dunque, le responsabilità all’altro imputato. Il legale ha annunciato ricorso in Cassazione.
Per gli inquirenti, sulla scorta delle relazione dei periti, le ustioni sul corpo sono state poi fatali per l’anziano, deceduto al Cannizzaro di Catania. Ma su questo aspetto, la difesa di Tranchina, rappresentata dall’avvocato Giancarlo Nassi, nel corso del processo in primo grado aveva avanzato un’altra tesi, secondo cui il pensionato sarebbe morto per un batterio killer contratto durante la degenza della vittima nell’ospedale catanese.
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