E’ arrivato alle battute finali il processo sulla morte di Licia, il maresciallo dei carabinieri trovato senza vita la notte del 28 febbraio del 2017, per cui è sotto processo per omicidio il marito, Francesco Ferrari, 46 anni, agente della Questura di Siracusa.
Nell’udienza di oggi, a cui hanno preso parte i genitori della vittima, i periti del gup del tribunale, Salvatore Palmeri, hanno sostanzialmente sposato la tesi del suicidio, come sostenuta dalla difesa dell’imputato. I consulenti hanno compiuto nell’aula del secondo piano del palazzo di giustizia una simulazione di quei minuti drammatici costati la vita alla donna, che si era sposata con l’agente di polizia da qualche mese.
Secondo la Procura di Siracusa e la famiglia Gioia si è trattato di un omicidio, avvenuto al culmine di una lite, ed a commetterlo sarebbe stato il marito, che, invece, nega ogni accusa. Gli spari partiti dalla arma, una calibro 9 nella disponibilità di Licia Gioia, sono stati due ma quello fatale, secondo il medico legale incaricato dai magistrati, Francesco Coco, è stato il primo, che ha centrato alla testa la vittima, ferendola a morte.
Nell’ultima udienza, nel novembre del 2019, la pubblica accusa, rappresentata dal pm Gaetano Bono e la difesa della famiglia, assistita dall’avvocato Aldo Ganci, aveva portato in aula una foto scattata dai Ris che ritraeva il palmo della mano destra di Licia piena di tantissimi puntini rossi. “Se fosse stata lei ad impugnare la pistola, quei particolari non sarebbero mai potuti emergere” aveva ammesso il legale, per cui “è stata ammazzata”.
Il gup del tribunale di Siracusa, Salvatore Palmeri, ha rinviato l’udienza al 26 marzo ma ormai si procede speditamente verso la fine del processo che si celebra con il rito abbreviato.
“I periti del gip – hanno detto i genitori di Licia Gioia al termine dell’udienza – hanno sempre sostenuto questa tesi e non ci aspettavamo altro. Ma sono emerse delle prove, a nostro avviso, che testimoniano l’assassinio di nostra figlia”.