Ha chiesto al gup del Tribunale di Siracusa di essere ascoltato per raccontare la sua verità e scagionarsi dall’accusa di aver ammazzato Angelo De Simone, un giovane siracusano di 27 anni trovato impiccato nella sua abitazione il 16 novembre del 2016.
La verità dell’indagato
Giancarlo De Benedictis, indicato come esponente del clan Bronx e condannato in Appello a 19 anni, si presenterà all’udienza preliminare del 23 maggio per ricostruire i fatti ma per il pm della Procura di Siracusa, Gaetano Bono, l’indagato va processato e lo ha ribadito nell’udienza di stamane al palazzo di giustizia di Siracusa. Sul sentiero del magistrato anche il difensore della madre del ventisettenne, l’avvocato David Buscemi.
Due richieste di archiviazione
Nei mesi scorsi, il pm, Gaetano Bono ha avanzato richiesta di rinvio a giudizio e tra un mese dopo che per ben due volte, la Procura di Siracusa, aveva richiesto l’archiviazione del caso, ritenendolo un suicidio, ma le memorie difensive della famiglia e la tenacia della madre della vittima, Patrizia Ninelli, hanno cambiato il corso delle indagini, fino a quando sono emersi elementi tali da convincere il pm Gaetano Bono a disporre la riesumazione del cadavere, per compiere degli accertamenti scientifici affidati ad un consulente, Giuseppe Ragazzi.
Il coinvolgimento di un’altra persona
Al delitto, secondo il pm di Siracusa, avrebbe preso parte un’altra persona, Luigi Cavarra, indicato dalla Dda di Catania come esponente del clan Bottaro-Attanasio, morto negli anni scorsi, poco dopo essere diventato un collaboratore di giustizia
L’aggressione e la simulazione del suicidio
Grazie alla relazione del consulente dei magistrati, si è scoperto che De Simone avrebbe subito un’aggressione fisica avvenuta nella sua abitazione. Avrebbe aperto ai due presunti assassini, del resto li conosceva abbastanza bene, poi si è consumata la tragedia.
Il 27enne sarebbe stato colpito alla testa ed ai genitali, subendo anche una lacerazione del palato molle. A quel punto, sarebbe stato appeso ad un gancio allo scopo di simulare un suicidio e la corda al collo, secondo quanto emerge nella perizia, lo avrebbe condotto alla morte per “asfissia meccanica primitiva”.
Il movente
Dagli elementi raccolti dal pm, i due presunti assassini avrebbero avuto dei conti in sospeso con la vittima. De Benedictis, condannato in Appello a 19 anni e 4 mesi di reclusione per commercio di droga, lo avrebbe punito per una relazione con una donna con cui era legato sentimentalmente mentre Cavarra sarebbe stato mosso da un contrasto per un debito di droga.
Le intercettazioni
Ad offrire agli inquirenti il quadro della situazione sarebbero state delle intercettazioni in carcere tra persone vicine ai presunti assassini ma ci sono anche le dichiarazioni di un collaboratore di giustizia.
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