il processo a siracusa

Omicidio De Simone, la tresca amorosa e le versioni dei collaboratori di giustizia

Le dichiarazioni di Luca Costanzo, ex capo della cosca Borgata, legata al clan Santa Panagia, potrebbero riscrivere la storia del delitto di Angelo De Simone, il 27enne siracusano trovato morto impiccato nella sua abitazione nel novembre del 2016. Per la Procura si è trattata di una messinscena per celare un omicidio commesso da Giancarlo De Benedictis, sotto processo al Tribunale di Siracusa.

Il possibile movente

Alla presunta esecuzione avrebbe partecipato anche Luigi Cavarra, che, però, è deceduto da qualche anno. Il movente sarebbe da ricondurre ad una presunta tresca tra la vittima e l’allora compagna di De Benedictis ed ai dei contrasti nel traffico di droga.

La testimonianza dell’ex boss del Bronx

In una precedente udienza, a parlare era stato Francesco “Cesco” Capodieci, ex boss del Bronx, gruppo a cui sarebbe legato lo stesso imputato: nella sua testimonianza, Capodieci avrebbe sostanzialmente detto che se il suo ex sodale si fosse reso protagonista del delitto lo avrebbe saputo, considerato il ruolo apicale rivestito in quel periodo. Contestualmente, Capodieci avrebbe anche affermato che nelle ore in cui si stava spegnendo la vita di De Simone, era in compagnia di un affiliato per un summit di droga a cui, però, non partecipò De Benedictis.

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Attesa per Costanzo

A testimoniare, nella prossima udienza prevista nelle prossime ore, sarà Luca Costanzo che dovrebbe rendere il quadro della situazione più chiaro, soprattutto per svelare se quanto affermato da Capodieci corrisponda al vero e se vi sono stati altri coinvolgimenti  in questa drammatica vicenda da parte di esponenti del gruppo Bronx, di cui, nel 2016 Capodieci era il capo indiscusso.

La versione del pentito Urso

Un altro collaboratore ha già fornito la sua versione: Graziano Urso che ha svelato come negli istanti successivi alla spedizione punitiva, si sarebbe trovato non molto distante dalla casa della vittima, ed avrebbe sentito Cavarra e De Benedictis dire: “u ‘mazzammu”.

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La finta impiccagione

Entrambi, nella prospettazione del pubblica accusa, avrebbero simulato l’impiccagione del 27enne, a cui, però, in un primo momento gli inquirenti diedero credito, al punto che furono presentate due richieste di archiviazione ma la tenacia della madre del ragazzo, Patrizia Ninelli, assistita dall’avvocato David Buscemi, ha avuto la meglio, al punto da convincere la Procura a disporre la riesumazione del cadavere e dall’autopsia sarebbero emerse delle lesioni riconducibili ad un’aggressione fisica.

La testimonianza della madre

Al processo ha già testimoniato la madre di De Simone. “I piedi di mio figlio erano poggiati per terra quando l’ho visto” aveva detto la donna al palazzo di giustizia di Siracusa per ribadire come fosse inverosimile un’impiccagione. In merito al movente, ci sarebbero due ragioni per cui, secondo i magistrati, l’imputato avrebbe deciso di spezzare la vita al 27enne.

L’appuntamento

Ci sarebbe stato un incontro chiarificatore in una area di servizio tra il ragazzo e l’imputato sotto gli occhi di Francesco Capodieci, ex boss del Bronx, ora collaboratore di giustizia, come testimoniato in aula da un fratello della vittima. Nel corso di quell’appuntamento, De Simone avrebbe fatto una battuta: “ora ci dividiamo anche le donne“.

 

 

 

 

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