La Direzione investigativa antimafia ha posto sotto sequestro il tesoro riconducibile al boss di Pachino Salvatore Giuliano, che ha subito una condanna a 24 di reclusione per associazione per delinquere di stampo mafioso ed estorsione, ed ad altre nove persone a lui legate.

Il tesoro del boss

Sono stati “congelati”, in attesa della confisca, un’ impresa individuale, la totalità dei beni aziendali e strumentali, una società di capitali e l’intero compendio aziendale della stessa, una autovettura, 24 beni immobili (terreni e fabbricati), rapporti bancari e postali di valore non inferiore ad euro mille euro, per un valore complessivo presunto di circa 3 milioni di euro.

La carriera di Giuliano

Salvatore Giuliano, 61 anni, secondo la informazioni fornite dalla Dia, fin da giovane ha iniziato la sua scalata nella criminalità organizzata al punto da costituire un clan che porta il suo nome, che ha come base operativa la zona sud del Siracusano, in particolare il territorio compreso tra Pachino, la sua città di origine, e Portopalo di Capo Passero. Parte del suo potere lo deve, secondo quanto emerge nelle inchieste dei magistrati della Procura distrettuale antimafia di Catania, dal suo legame con il clan Cappello di Catania.

La sua influenza nel territorio

I magistrati della Dda di Catania, che da anni si occupano delle attività criminali della cosca pachinese, sostengono che il boss, nell’arco di tutti questi anni, avrebbe condizionato anche l’economia del territorio, che si fonda prevalentemente sull’agricoltura. “Ha condizionato la libera scelta di un’intera comunità Pachino e territori limitrofi, con particolare riferimento al mercato ortofrutticolo” fanno sapere dalla Dia, come, peraltro, è venuto fuori nell’inchiesta Araba Fenice, il cui processo è già arrivato in secondo grado con le condanne nei confronti di 15 imputati.

“In particolare, il boss Giuliano, assegnava – dicono dalla Dia – ed impartiva gli ordini ai suoi sodali, quali l’ intimidazione ai produttori e commercianti di prodotti ortofrutticoli della zona, la riscossione delle estorsioni, il versamento nelle casse del clan del denaro delle attività illecite per il quale venivano utilizzate società e imprese agricole create ad hoc, il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti e la gestione dei parcheggi in zone turistiche”