Hanno respinto l’accusa di associazione mafiosa i difensori degli imputati del processo denominato Aretusa su mafia e droga a Siracusa. Sono venti gli imputati alla sbarra e dalla ricostruzione degli inquirenti sarebbero stati tre i gruppi che si sarebbero spartiti il territorio: il primo avrebbe avuto come quartier generale via Bartolemeo Cannizzo, sotto il controllo di Gianfranco Urso, il secondo avrebbe operato alla Borgata, ed a capo ci sarebbe stato Luigi Cavarra, deceduto nel 2018 dopo essersi pentito, l’ultimo, invece, avrebbe messo radici Cassibile ed a guidarlo sarebbe stato Francesco Satorino che un anno fa è diventato collaboratore di giustizia.
Le testimonianze in aula degli investigatori avrebbero permesso di svelare il ruolo chiave di Satornino, che, per il suo commercio di droga, avrebbe trovato dei canali di rifornimento a Catania ed a Palermo. Uno dei viaggi sarebbe avvenuto nel marzo del 2015 nel capoluogo siciliano dove si sarebbero recati Satornino ed un imputato, tornati in città con circa un chilo di hashish. In un’altra deposizione, sarebbe emersa la disponibilità di armi del gruppo facente capo a Satornino, che avrebbe avuto il suo quartier generale in contrada Spinagallo, a seguito di un controllo della polizia nei confronti di un uomo di 33 anni in possesso di una pistola calibro 7,65.
Capitava, però, che le cellule siracusane entrassero in conflitto, o meglio che vi fossero delle incomprensioni. Per ripianarle, i capi preferivano organizzare dei summit per discutere e trovare delle soluzioni in modo da evitare delle guerre. E nessuno avrebbe voluto scatenare delle faide che avrebbero inevitabilmente ridotto il volume degli affari.
Il pm della Direzione distrettuale antimafia di Catania, Alessandro La Rosa, nell’udienza precedente al lockdown ha formulato le richieste di condanna nei confronti dei 20 imputati, accusati di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Gli avvocati hanno respinto la contestazione relativa all’associazione e nella prossima udienza, prevista per il 6 luglio parleranno gli altri difensori.
Nel complesso, sono 216 gli anni di carcere presentati dal pm ai giudici della Corte di Assise ma la pena più pesante, 30 anni, è stata sollecitata per Gianfranco Urso, figlio di Agostino Urso, “u prufissuri”, storico capo clan ammazzato il 29 giugno del 1992 al Lido Sayonara, a Fontane Bianche. Per i magistrati della Procura distrettuale antimafia, sotto casa di Urso sarebbero avvenuti i summit per appianare gli scontri o prendere decisioni.
Queste le richieste del pm della Dda di Catania:
30 anni di reclusione per Gianfranco Urso; 22 anni per Luigi Urso; 15 anni per Andrea Abdoush,; 19 anni per Salvatore Catania; 11 anni di reclusione ciascuno per Agostino Urso e Gianfranco Bottaro; 12 anni per Daniele Romeo; diciannove anni per Lorenzo Vasile; nove anni per Franco Satornino; 15 anni per Massimiliano Midolo; 12 anni per Maria Christian Terranova; undici anni di reclusione per Lorenzo Giarratana; tre anni e sei mesi per Francesco Fontana; tre anni per Massimiliano Romano; due anni e sei mesi per Sebastiano Recupero; due anni per Angelica Midolo; cinque anni ciascuno per Salvatore Quattrocchi e Umberto Montoneri; tre anni e sei mesi per Concetto Anthony Magnano e sette anni per Salvatore Silone.
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