La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare, in relazione all’associazione a delinquere di stampo mafioso ed al traffico di droga, nei confronti di Massimo Calafiore, 52 anni, coinvolto nell’operazione denominata San Paolo conclusa dai carabinieri nel luglio scorso con 24 misure cautelari, di cui 19 in carcere e 5 ai domiciliari. I giudici, che hanno accolto il ricorso presentato dal legale dell’imputato, l’avvocato Domenico Mignosa, hanno pure disposto il dissequestro dei beni del cinquantaduenne.
Una decisione che consentirà alla difesa di ripresentarsi al tribunale del Riesame di Catania per chiedere la scarcerazione di Massimo Calafiore, indicato dai magistrati della Procura distrettuale antimafia, come uno degli esponenti di spicco del clan Aparo di Floridia e Solarino, nel Siracusano, il cui boss, Antonino Aparo, nella tesi dell’accusa, avrebbe dato indicazioni nonostante la sua detenzione nel carcere di Milano.
L’indagine ha avuto origine dopo alcuni incendi avvenuti nel comune di Floridia ai danni delle attività commerciali, tutti accomunati dallo stesso modus operandi. I roghi venivano appiccati agli esercenti che erano caduti nella rete dell’usura: alle vittime era applicati tassi di interesse mensili del 20 per cento, 240% annui. Gli esercenti, secondo i carabinieri, pagavano con bonifici bancari o trasferimenti monetari su Postepay, oltre che con il classico metodo del trattenimento di assegni dati in garanzia per l’ammontare del prestito
I soldi dell’usura, da quanto emerge nell’inchiesta San Paolo, sarebbero stati investiti per l’acquisto di partite di droga, fornite dai fornite da un gruppo di catanesi, legato, secondo la Dda di Catania, al clan etneo dei Santapaola Ercolano, gruppo di Nicolosi-Mascalucia. La sostanza stupefacente veniva poi rivenduta a numerosi acquirenti di Floridia alimentando lo spaccio al dettaglio tra Floridia e Solarino.
Inoltre, secondo i magistrati della Dda di Catania, il clan avrebbe eseguito attentati anche per dare il segnale della sua forza, come nel caso del proprietario di un bar di Solarino la cui auto venne incendiata perché non avrebbe fatto lo sconto sul prezzo su una torta acquistata.