Un incendio, scoppiato in nottata in via Luigi Cassia, nella zona nord di Siracusa, ha divorato una macchina, parcheggiata ai piedi di una palazzina. Un rogo di probabile origine dolosa spento dai vigili del fuoco del comando provinciale dei vigili del fuoco, chiamati da diverse chiamate al centralino della sala operativa del comando provinciale. Sull’episodio sono al lavoro le forze dell’ordine che stanno concentrando le attenzioni sul conto del proprietario della macchina ma anche sui parenti, i possibili destinatari del messaggio inquietante. Al setaccio la loro vita privata e professionale ma è ancora troppo presto per delle valutazioni.

Nelle settimane scorse, sono stati condannati a due anni e due mesi ciascuno i parcheggiatori abusivi siracusani, Salvatore Urso, 59 anni, e Francesco Mollica, 39 anni, finiti sotto processo per  l’incendio all’auto dell’ex sindaco di Siracusa, Giancarlo Garozzo, avvenuto nel novembre del 2017 sotto la sua abitazione, mentre è stata assolta la terza imputata, Lucia Urso,  38 anni, moglie del trentanovenne.

Questa la decisione dei giudici del Tribunale di Siracusa che, però, hanno assolto gli imputati, difesi dall’avvocato Junio Celesti, dall’accusa di tentata estorsione non solo ai danni di Garozzo ma anche nei confronti dell’ex assessore alla Polizia municipale, Salvatore Piccione. Il pm di Siracusa, Gaetano Bono, al termine della sua requisitoria aveva chiesto pene più severe per i parcheggiatori: 9 anni per Salvatore Urso e 6 anni ciascuno per la coppia.

Gli imputati sono esclusivamente colpevoli, secondo quanto emerge nella sentenza del Tribunale di Siracusa, di essere i mandanti dell’attentato incendiario, eseguito da altri ma non ancora identificati dagli inquirenti.  Ad inchiodare i parcheggiatori sarebbero state le intercettazioni telefoniche: le loro conversazioni, ascoltate dai carabinieri del Nucleo investigativo, in quel periodo al comando del capitano Enzo Alfano, avrebbero permesso di scoprire quel piano per lanciare un messaggio all’ex sindaco. Avrebbe pagato in quel modo, la linea dura impressa dalla sua amministrazione contro il fenomeno del parcheggio abusivo, particolarmente attivo lungo il perimetro dell’area archeologica, in via Ettore Romagnoli, per anni “luogo di lavoro” degli imputati

 

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