Al termine del vertice in Prefettura, a Siracusa, si è deciso di aumentare il livello di attenzione sul colosso russo Lukoil, cuore pulsante del Petrolchimico siracusano con due grossi impianti di raffinazione. L’incontro è servito per comprendere che strategia adottare dopo lo scoppio della guerra  in Ucraina capace di trasformare gli stabilimenti dell’azienda russa in un obiettivo sensibile.

“Attenzione alta”

Secondo alcune fonti istituzionali, non ci sono “segnali sotto questo punto di vista ma l’attenzione resta alta”. Il futuro della Lukoil nel Petrolchimico, e quello di altre aziende della zona industriale era già a rischio prima della guerra in Ucraina perché nel piano di Transizione ecologica non c’è spazio per la raffinazione, inoltre dal 2035 in Italia non sarà più possibile vendere veicoli alimentati a benzina o a diesel.

La crisi del settore

Secondo Confindustria Siracusa, l’azienda, entro due anni, potrebbe andare via a causa del piano di riconversione energetica, che non prevede aiuti per la raffinazione, per cui gli investimenti previsti nella zona industriale aretusea sarebbero fortemente a rischio e dirottati altrove. Prima del conflitto, la Camera dei Deputati ha, però, approvato la cosiddetta mozione per la Transizione giusta che impegna il Governo nazionale a concedere aiuti per la riconversione delle aziende legate alla raffinazione, alla chimica, al cemento ed all’acciaio.  Il conflitto, però, apre nuovi ed immaginabili scenari.

Il crollo del Pil della Sicilia

In ogni caso, nel caso di mancati aiuti pubblici per riconvertire la produzione legata alla raffinazione o di nuove strategie aziendali connesse alla guerra, l’uscita di Lukoil avrebbe per il territorio, sia siracusano sia siciliano, un effetto devastante sotto l’aspetto economico ed occupazionale.

Petrolchimico a rischio

Insomma, ci sarebbe il crollo del Petrolchimico, in quanto le due raffinerie del colosso russo sono la colonna portante dell’intera zona industriale, che, tra diretti ed indotto, secondo fonti della Fiom Cgil, impegna circa 7500 lavoratori.

 

 

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