Il closing per la vendita delle raffinerie Isab Lukoil è previsto entro la fine del mese di marzo. I dubbi sulla cessione, annunciata circa un mese fa da Litasco, proprietaria degli stabilimenti e dall’acquirente, il fondo cipriota Goi Energy, erano stati sollevati prima dal Pd, in particolare dal senatore Antonio Nicita al punto da chiedere al Governo di usare l’istituto del Golden power, e poi dalla Cgil Siracusa, che ha sollevato perplessità sia sul prossimo proprietario, trattandosi di un fondo e non di un’azienda, sia sul piano industriale.
Ora ci si mettono pure gli americani, che come scrive Repubblica, avrebbero posto un veto all’affare perché il neo acquirente sarebbe troppo vicino ai russi di Lukoil. E questo per gli americani sarebbe un problema, sia in termini geopolitici, legati alla guerra in Ucraina ed al cambio dello scenario internazionale, sia strategici, tenuto conto che le raffinerie sono ad un passo dalla base Nato di Sigonella, in prima linea nel conflitto.
E poi, fatto non da poco, c’è il tema delle sanzioni ai danni della Russia: le ultime, scattate il 5 dicembre scorso, impediscono al paese di Putin le esportazioni di petrolio, l’unico trattato da Lukoil dopo la chiusura dei rubinetti delle banche che, a seguito dello scoppio del conflitto, hanno negato alla Litasco il credito per comprare grezzo da altre parti, temendo di aiutare un paese oggetto di sanzioni.
Al momento, il petrolio verrebbe comprato da Litasco in alcuni paesi, tra cui l’Arabia Saudita, con i soldi in cassa, visto il blocco degli istituti di credito ma con l’ingresso di Goi Energy, in teoria, le banche potrebbero tornare ad erogare liquidità. Per gli americani, evidentemente, questo passaggio di proprietà è sospetto, temono, in sostanza, che dietro ci siano sempre i russi.
Nella nota di Goi Energy, fatta circolare dopo l’accordo con Litasco, era indicato che erano state sottoscritte intese “esclusive di fornitura e di offtake a lungo termine con TRAFIGURA, uno dei maggiori commercianti indipendenti di petrolio e prodotti petroliferi al mondo. Gli accordi garantiranno una fornitura sicura di petrolio alla raffineria e un’offerta garantita di prodotti raffinati, oltre a sostenere il fabbisogno di capitale circolante della raffineria” specificava il comunicato. Trasfigura è uno dei trader che, prima dello scoppio nella guerra in Ucraina, avrebbe avuto come partner la compagnia petrolifera russa Rosneft.
Un ruolo chiave, in questa compravendita, sarebbe stato assunto dall’amministratore di Goi Energy, Michael Bobrov, manager anche di Green Oil Energy, a sua volta azionista di maggioranza di Bazan Group, uno dei più grandi e complessi gruppi energetici in Israele, che gestisce il più grande impianto integrato di raffinazione e petrolchimico del Paese.
Bobrov è di origine sudafricana ma da anni vivrebbe in Israele, e secondo il quotidiano La Verità, l’affare per la vendita delle due raffinerie di petrolio si aggirerebbe attorno ai 2 miliardi euro che ha, evidentemente, battuto quella del fondo americano Crossbridge e di un gruppo d’affari legato al Qatar che avrebbe avuto tra i sostenitori l’ex presidente del Consiglio, Massimo D’Alema.
L’operazione sembrerebbe essere “benedetta” da Israele anche se dopo lo scoppio della guerra in Ucraina, i rapporti con il Cremlino si sono incrinati ma il ritorno sulla scena di Netanyahu avrebbe cambiato lo scenario, non solo per la sua amicizia con Putin, mai rinnegata, ma anche per scalzare la Turchia nel ruolo di mediatore con l’Occidente.
Da parte sua, il Governo italiano, nelle settimane scorse, ha deciso di sfruttare il Golden power. Si tratta di un istituto, introdotto nel nostro ordinamento il 15 marzo del 2012, per conferire al Governo la facoltà di porre condizioni o veti in caso di tentativi di acquisto “ostile” da parte di una società estera di un’azienda italiana strategica o attiva in un settore ritenuto fondamentale.