Ha deciso di rimettere il mandato di commissario del Libero consorzio di Siracusa nelle mani del presidente della Regione, Nello Musumeci.
Questa la decisione di Domenico Percolla, coinvolto insieme ad una altra persona nell’inchiesta della Procura regionale della Corte dei conti per la Calabria su un presunto uso irregolare di fondi pubblici. Una nota sarebbe già arrivata a Palermo ma il governatore siciliano non l’avrebbe ancora vista, è probabile che a partire da lunedì il caso sarà in cima alla sua agenda.
Gli episodi a carico di Percolla, già questore di Siracusa, riguardano il periodo in cui ricopriva il ruol di Commissario straordinario delegato per la mitigazione del rischio idrogeologico in Calabria. I finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Catanzaro hanno disposto il sequestro di beni, mobili ed immobili, per quasi 3 milioni di euro, nella disponibilità di Percolla e di Francesco Carmelo Vazzana.
Evidentemente, le accuse hanno spinto il commissario del Libero consorzio di Siracusa a ripensare al suo ruolo, probabilmente reggere un ente, peraltro già in dissesto, con questo fardello sarebbe un lavoro troppo complesso. Ma la decisione di rimettere il mandato a Musumeci suona come una richiesta di fiducia.
Certo, i problemi dell’ex Provincia sono tanti, a cominciare da una cronica crisi economica che si riverbera sui dipendenti e sull’attività operativa, visto che sul Libero consorzio gravano la gestione delle strade provinciali e delle scuole superiori.
Secondo i magistrati contabili calabresi, Percolla e Francesco Carmelo Vazzana, nel periodo 2011-2015, avrebbero indebitamente utilizzato fondi pubblici destinandoli irregolarmente alla realizzazione di rilievi cartografici e satellitari per lo studio della pericolosita’ idrogeologica del territorio calabrese. Dalla indagini e’ emerso che il servizio era stato commissionato senza alcuna procedura di evidenza pubblica, a prezzi superiori a quelli di mercato, ad un ente che non aveva i requisiti per essere considerato di diritto pubblico.
Dalle indagini e’ emerso, inoltre, che alcune prestazioni eseguite erano state contabilizzate e fatturate senza un preciso criterio di determinazione, ostacolando di fatto la ricostruzione del reale ammontare dovuto all’ente. Inoltre, i rilievi cartografici richiesti dalla struttura speciale sarebbero stati non solo indebitamente disposti ma anche inutili perche’ il rilevamento geografico non rientrava nei compiti istituzionali del Commissario e perche’ le carte geografiche e le mappature del territorio erano gia’ disponibili e accessibili alla pubblica amministrazione per mezzo del “Geoportale nazionale” gestito proprio dal Ministero dell’ambiente.
La circostanza era stata a piu’ riprese segnalata nel 2012 ma la struttura speciale del Commissario pro tempore aveva comunque continuato a far svolgere e a pagare gli accertamenti cartografici. Da qui, nel settembre del 2019, la condanna dei due dirigenti pubblici da parte della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Calabria chiamati a risarcire il Ministero per danno erariale. Ed e’ stato proprio a seguito della condanna che, su autorizzazione del presidente della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Calabria, su richiesta della Procura contabile, che i finanzieri i finanzieri hanno posto sotto sequestro conservativo valori patrimoniali e finanziari per un importo corrispondente al danno erariale accertato.
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