E’ ormai all’epilogo il processo al palazzo di giustizia di Siracusa, denominato “Fanta assunzioni”, che vede come imputati 6 ex consiglieri comunali di Siracusa ed altrettanti imprenditori, accusati di truffa aggravata.
Il pm di Siracusa, Stefano Priolo, al termine della requisitoria, ha chiesto per tutti quanti le condanne: 3 anni e 6 mesi per Sergio Bonafade, ex consigliere comunale; 2 anni e sei mesi per gli altri ex consiglieri Adolfo Mollica, Piero Maltese, Franco Formica, Riccardo Cavallaro, Riccardo De Benedictis, tutti quanti in carica a Palazzo Vermexio fra il 2008 ed il 2013. Due anni e sei mesi anche per i datori di lavoro: Giuseppe Serra, Sebastiano Solerte, Roberto Zappalà, Paolo Pizzo, Marco Romano e Maurizio Masuzzo.
Inoltre, il difensore del Comune di Siracusa, costituitosi parte civile nel processo, ha sollecitato un risarcimento di oltre 2 milioni di euro.
Secondo la ricostruzione della Procura di Siracusa, gli ex consiglieri comunale sono stati fittiziamente assunti dagli imprenditori allo scopo di incassare i soldi dei rimborsi erogati dal Comune. Una tesi che è sempre stata rigettata dagli imputati e dai loro difensori, i quali, nella prossima udienza, in programma nel gennaio del 2020, avranno l’opportunità di contestare, punto per punto, la tesi del pm di Siracusa.
Le indagini sulle presunte false assunzioni hanno avuto inizio nel 2013, a seguito di una segnalazione giunta al palazzo di giustizia di Siracusa e sono stati gli agenti della Digos ad erigere, attraverso l’acquisizione di documenti e le intercettazioni, il castello accusatorio attorno agli imputati.
Un’indagine analoga, denominata Gettonopoli, che ha riguardato 39 consiglieri comunali, eletti al termine delle amministrative del 2013, è, invece, già finita dopo l’archiviazione disposta dal gup del tribunale di Siracusa, Tiziana Carrubba.
L’inchiesta era stata avviata dopo una denuncia del Movimento 5 Stelle, che aveva sollevato dubbi sulle spese sostenute dalla pubblica amministrazione per pagare le sedute delle commissioni ed i rimborsi ammontanti ad oltre 600 mila euro annui. Nella ricostruzione dell’accusa, i consiglieri, eletti nelle consultazioni del 2013, avrebbero incassato i gettoni nonostante il rinvio delle riunioni per mancanza di numero legale o in sedute in cui non sarebbe stata svolta alcuna attività.
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