E’ stato scarcerato Antonio Spuria, il ristoratore siracusano finito nei mesi scorsi in una inchiesta giudiziaria per evasione e bancarotta. L’imprenditore, nelle settimane scorse, era stato trasferito in carcere dalla Guardia di finanza su disposizione del gip del Tribunale di Siracusa in quanto l’indagato, nonostante fosse ai domiciliari, avrebbe continuato a dare disposizioni ai suoi dipendenti.
La decisione
I pm della Procura, Grillo, Parodi e Priolo, come fa sapere la difesa di Spuria, rappresentato dagli avvocati Antonino e Bruno Leone, ha chiesto la liberazione di Spuria, che, però, ha l’obbligo di dimora a Siracusa e di firma negli uffici della Polizia giudiziaria.
Accolta richiesta di concordato
La decisione di scarcerare il ristoratore è stata assunta dal gip del Tribunale Federica Piccione e la tra le motivazioni c’è l’accoglimento da parte del Tribunale fallimentare di Siracusa di concordato per le società Atena e La Mattonella; in tal modo sono state considerate attenuate le esigenze cautelari, così come prospettato dai difensori avvocati Antonino e Bruno Leone” spiegano i legali.
Evasione da 15 milioni
All’imprenditore viene contestato di essere, “anche grazie alla collaborazione di professionisti compiacenti, il dominus di un sistema criminoso che ha portato al fallimento pilotato di decine di società allo scopo di sottrarsi al pagamento delle imposte per oltre 15 milioni di euro” spiegano gli inquirenti.
Le indagini
I militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Siracusa, a seguito della minuziosa analisi dei bilanci societari corroborata da pedinamenti, perquisizioni locali/informatiche, indagini tecniche e ambientali, hanno ricostruito nel dettaglio l’intero sistema evasivo che ha portato al dissesto societario delle imprese coinvolte a causa della forte esposizione debitoria non dipendente da una situazione contingente legata ad esigenze di liquidità sopravvenute bensì da un modello imprenditoriale che ha escluso dalla gestione, sin dall’origine, il pagamento di tasse, imposte e contributi.
Il modus operandi
Lo schema è sempre lo stesso, come svelano gli investigatori: “si cambia il nome della società, ma non anche il luogo d’esercizio, la tipologia di attività esercitata ed il personale. Nella circostanza, per proteggersi da possibili aggressioni patrimoniali, la rappresentanza legale delle società è stata fittiziamente attribuita ad un soggetto di nazionalità straniera privo di qualsivoglia esperienza nel settore della ristorazione; nello specifico, la “testa di legno” si occupava delle pulizie di tutti i locali di proprietà dell’imprenditore indagato” si legge nella nota degli inquirenti.
Il sequestro
Il Tribunale, contestualmente, ha anche emesso un primo decreto di sequestro preventivo di circa 3.000.000 euro nei confronti dell’indagato.
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