La quinta sezione del tribunale di Palermo ha assolto il deputato Riccardo Gennuso perché il fatto non sussiste. La Procura aveva chiesto di condannare il deputato regionale di Forza Italia a 7 anni di carcere per estorsione. Assolti anche il padre Giuseppe, la richiesta di 6 anni e 8 mesi, Leonardo Burgio, richiesta 6 anni 4 mesi e Antonino Bignardelli, richiesta 6 anni e 5 mesi.
Ipotesi di truffa prescritta
Per Burgio e Bignardelli il tribunale ha dichiarato prescritta una ipotesi di truffa. Sono stati difesi dagli avvocati Claudio Gallina Montana e Mario Fiaccavento. Gli imputati erano accusati di estorsione subita da alcune dipendenti della sala bingo nel rione Guadagna di Palermo, gestita dai Gennuso a partire dal 2015.
A denunciare i due Gennuso, Burgio socio della precedente gestione e il sindacalista Bignardelli sono state tre ex dipendenti che sarebbero state costrette a firmare una transazione con la quale rinunciavano a due terzi dei soldi della liquidazione. Se non firmavano i lavoratori avrebbero subito la riduzione dell’orario di lavoro da nove a tre ore al giorno in modo che non avrebbero più potuto sostenere le loro famiglie. La sala bingo è la stessa per la quale l’onorevole in passato denunciò di avere subito richieste estorsive.
Le parole di Gennuso
Una sentenza non si commenta, si accetta e si rispetta. Da uomo delle istituzioni, in questi lunghi nove anni, non ho mai perso l’incondizionata fiducia nella Magistratura e mi sono sentito orgoglioso di lottare contro i poteri mafiosi che mi avevano trascinato in questa triste vicenda.
Falcone: “Liberi da questo peso”
“La vicenda giudiziaria che ha riguardato Riccardo Gennuso si è conclusa nel migliore dei modi. Sono felice per l’amico e collega di partito, nonché per il padre Giuseppe, finalmente liberi dal peso di un procedimento lungo anni. Viene ristabilita la verità e si dipana ogni ombra. Auguro a Riccardo di proseguire con sempre maggiori successi nel suo impegno istituzionale, da deputato regionale di Forza Italia, con la determinazione e passione che ho imparato ad apprezzare lavorando assieme nell’interesse dei siciliani”. Così l’eurodeputato di Forza Italia Marco Falcone, a proposito dell’assoluzione dell’on. Riccardo Gennuso da parte del Tribunale di Palermo.
Caruso: “Sempre stati certi dell’innocenza”
“Siamo sempre stati certi dell’assoluta estraneità di Riccardo e Pippo Gennuso rispetto ai fatti che venivano loro contestati.
Oggi, quella certezza diviene verità giudiziaria, cosa della quale non possiamo che essere estremamente contenti.
Questa assoluzione restituisce serenità alla famiglia Gennuso, confermando la correttezza del loro operato quali imprenditori, che in diverse realtà della Sicilia hanno creato e creano opportunità di lavoro. È un fatto di cui oggi tutta la comunità siciliana di Forza Italia è felice.” Lo dichiara Marcello Caruso, coordinatore regionale di Forza Italia in Sicilia.
La vicenda
La vicenda ruota attorno a delle presunte estorsioni ai danni dei dipendenti della sala Bingo situata nel rione Guadagna di Palermo nella disponibilità della famiglia Gennuso dal 2015. Secondo quanto dichiarato dagli inservienti sarebbero stati costretti ad accettare un accordo che prevedeva una liquidazione di meno di un terzo di quanto sarebbe loro spettato.
La truffa
Un ruolo, nella tesi dell’accusa, lo avrebbero avuto Burgio, in qualità di socio della precedente gestione, e Bignardelli, sindacalista che rispondono anche di truffa perché avrebbero fatto credere ai dipendenti del Bingo che la società stava per infrangersi sugli scogli del fallimento, per cui quella proposta sarebbe stata conveniente.
Le parole di Gennuso
“Voglio puntualizzare che nel 2015, né io, né mio figlio, eravamo proprietari del Bingo Magic di Palermo, quindi non abbiamo avuto nessun rapporto con i dipendenti dell’epoca”, aveva detto Pippo Gennuso nel 2018 dopo la notizia dell’indagine sul conto suo e di suo figlio.
Le testimonianze
Anzi, disse poi di avere subito una richiesta di estorsione da parte di Cosa Nostra palermitana mentre, dalla ricostruzione dell’accusa, il figlio ed attuale parlamentare regionale, rivolgendosi ai dipendenti, li avrebbe “pressati” a firmare ma lui si è sempre difeso sostenendo che la vittima sarebbe stato lui, al punto che i suoi cani sarebbero stati uccisi per ritorsione.
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