- Rinvio a giudizio per due custodi accusati di duplice omicidio
- Sono accusati di aver ucciso a fucilate due catanesi e ferito un terzo
- Le tre vittime si erano recate in un fondo agricolo di Lentini per rubare arance
Il gup del Tribunale di Siracusa ha rinviato a giudizio Giuseppe Sallemi, 42 anni, e Luciano Giammellaro, 70 anni, i due custodi dei terreni in contrada Xirumi, a Lentini, accusati dell’omicidio di Agatino Saraniti, 19 anni, e Massimo Casella, 47 anni, catanesi avvenuto nel febbraio del 2020.
Udienza in Tribunale
Nel corso dell’udienza, tenutasi al palazzo di giustizia, il difensore di Sallemi, l’avvocato Franco Passanisi, ha chiesto al gup, Francesco Alligo, che il suo cliente fosse sottoposto al rito abbreviato. Proposta rigettata dal giudice, a quel punto il difensore si è espresso per il rinvio a giudizio con l’ordinario.
L’avvocato Giuseppe Ragazzo, difensore dei Giammellaro, ha chiesto il non luogo a procedere, ritenendo innocente il suo assistito. Il collegio difensivo delle famiglie delle vittime, composto dagli avvocati Emiliano Bordone, Fabio Presenti, Pierpaolo Montalto, Rossana Scibetta, Emilio Laferrera hanno chiesto ed ottenuto la costituzione di parte civile nel processo, così come l’avvocato Paola Lopresti, che assiste Gregorio Signorelli.
Duplice omicidio
Secondo la ricostruzione del pm, Andrea Palmieri, Sallemi e Giammellaro avrebbero aperto il fuoco contro le vittime, tra cui anche Gregorio Signorelli, 37 anni, scampato all’agguato, che si erano recati fin lì per rubare arance. Poche ore dopo il decesso dei due catanesi venne arrestato Sallemi, nei giorni successivi, in carcere finì anche il secondo indagato, grazie alle dichiarazioni di Signorelli, all’epoca ricoverato all’ospedale Cannizzaro di Catania.
Il testimone chiave
La svolta alle indagini l’ha data Gregorio Signorelli, scampato all’agguato in modo fortunoso, che, nel corso del suo interrogatorio, ha ricostruito quei minuti drammatici. “Saremmo potuti scappare – ha detto Signorelli – ma abbiamo deciso di aspettare” ed “eventualmente sistemare la faccenda”. Secondo Signorelli, l’auto inseguitrice sarebbe stata un fuoristrada. “Ho visto che il mezzo – ha detto il testimone – era guidato da Giuseppe, quello che mi ha sparato”. “Massimo che era in mia compagnia conosceva Giuseppe ed anche la persona che lo accompagnava e che rispondeva al nome di Luciano. Ricordo infatti che mentre Giuseppe mi puntava il fucile, Massimo chiedeva all’altro, appellandolo con il nome di Luciano, di dire a Giuseppe di mettere via il fucile. Massimo si è fatto riconoscere da Giuseppe chiedendo disperatamente di abbassare il fucile” ma “Giuseppe rispondeva: m’ha unchiato a minchia. Nun m’anteressa, quindi ha esploso un colpo a distanza di 5 o 6 metri verso di me”.
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