Emergono “approcci censurabili” da parte di due medici dell’ospedale Umberto I di Siracusa nella relazione dei 4 consulenti della Procura di Siracusa che hanno eseguito l’autopsia sul corpo dell’ex direttore del Parco archeologico di Siracusa, Calogero Rizzuto, morto nel marzo scorso a causa del Covid19.
Sulla vicenda, è stata aperta un’inchiesta per omicidio colposo dopo un esposto della famiglia della vittima, assistita dall’avvocato Giovanni Giuca, e la denuncia del parlamentare regionale del Pd, Nello Dipasquale, amico di Rizzuto, che hanno puntato il dito contro la catena di soccorso dell’ospedale di Siracusa. Nella stessa relazione, però, i periti, Francesco Saverio Faella, Giuseppe Ragazzi e Fortunato Stimoli, ritengono che non ci sono elementi solidi per legare il decesso di Rizzuto a responsabilità precise dei medici che lo hanno avuto in cura.
Secondo quanto indicato dai consulenti, “si ritiene censurabile l’approccio della responsabile dell’U.O. di Malattie infettive del presidio ospedaliero Umberto I per non aver predisposto approfondimenti diagnostici e il ricovero ospedaliero sulla evidente sintomatologia respiratoria acuta e febbrile accusata da Rizzuto”.
Nella relazione dei periti si specifica che “il comportamento censurabile va riferito sia nella valutazione del 9 marzo 2020 per essersi limitata all’esecuzione -si legge nella relazione – del tampone diagnostico senza alcuna valutazione clinica sia nella visita effettuata in data 11 marzo 2020 per non aver predisposto approfondimento diagnostico differenziale tra patologia Covid correlata o altra affezione”.
Inoltre, per i consulenti “l’esecuzione di esami di laboratorio ed indagini radiologiche specifiche (radiografie del torace o Tac) avrebbero consentito di anticipare la diagnosi di polmonite da Covid19 e cominciare il trattamento farmacologico e di supporto respiratorio necessario” si legge nella relazione.
Per i periti, “altrettanto censurabile – spiegano nelle conclusioni – si ritiene il coordinamento del responsabile del Centro di prevenzione per non aver tempestivamente preso in incarico il paziente lasciando sostanzialmente il medico curante come unico gestore del caso clinico”.
Secondo i consulenti ci sono delle attenuanti sul comportamento dei medici. “A causa delle scarse conoscenze della patologia da Covid19 non è possibile affermare che una maggiore tempestività nella formulazione diagnostica avrebbe con altra probabilità logica prossimo alla certezza evitato il decesso del paziente” spiegano i consulenti.
Proseguendo nell’analisi del Covid19, i periti sostengono che “i dati epidemiologici successivi agli eventi per cui è causa, citati nelle considerazioni, hanno messo in evidenza che la fisiopatologia responsabile della mortalità trova evidenza nell’aggressività multisistemica della malattia attraverso l’interessamento flogistico endovascolare sistemico che provoca formazione di trombi”.