- Torna in libertà un lentinese che era stato arrestato per droga
- E’ stato condannato in primo grado in un processo per estorsione, rapine ed incendi
- Era ai domiciliari, adesso ha solo l’obbligo di firma
Era stato arrestato nel dicembre dello scorso anno perché trovato in possesso di svariate piante di marijuana, coltivate nella sua abitazione, Maurizio Sambasile, 48 anni, lentinese, con precedenti penali. Era incappato in un controllo dei carabinieri della Compagnia di Augusta che lo tenevano sotto stretta osservazione, d’altra parte non è certamente “uno qualunque” il presunto coltivatore di erba.
Imputato nel processo Uragano
Nel giugno del 2020, i giudici del tribunale di Siracusa lo hanno condannato, insieme ad altre 15 persone al termine del processo denominato Uragano su una serie di estorsioni, incendi e rapine commesse a Lentini. Le indagini furono avviate dagli agenti del commissariato nel gennaio del 2016 dopo una catena di episodi violenti accaduti nel Comune del Siracusano: si erano verificati estorsioni, furti e rapine, quest’ultime, in particolare, ai danni di persone anziane.
Condanna a 8 anni
Sambasile, difeso dall’avvocato Junio Celesti, ha rimediato una condanna ad 8 anni di reclusione e 6 mesi dopo è stato arrestato per quella mini coltivazione di erba, finendo per questo ai domiciliari. La richiesta di revoca della misura cautelare, presentata dalla difesa dell’indagato, è stata accolta e così il 48enne è libero ma con l’obbligo di dimora nel Comune di residenza.
La vicenda del fratello
Il 48enne lentinese è il fratello di Alfio Sambasile, 57 anni, finito sotto processo, insieme a Raffaele Randone, 46 anni, per l‘omicidio di Sebastiano Garrasi, ammazzato nell’aprile del 2002 in un fondo agricolo del Lentinese.
Assolto per omicidio
Entrambi sono stati assolti dai giudici della Corte di Assise di Siracusa che non hanno ritenuto credibile la testimonianza di un collaboratore di giustizia Enzo Ruggeri, per cui, Garrasi ed il suo presunto assassino, Alfio Sambasile, difeso dall’avvocato Junio Celesti, si trovavano nella stessa auto con la vittima alla guida.
Un delitto che, secondo quanto emerso nelle indagini della Dda di Catania, sarebbe connesso al desiderio della vittima di costituire un proprio gruppo criminale, sganciato dalla potente cosca lentinese del boss Nello Nardo, legata alla famiglia Santapaola di Catania.
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