Siracusa

Cella a soqquadro e fiamme, detenuto al 41 bis distrugge tutto e aggredisce gli agenti penitenziari

Notte da incubo nel carcere di Augusta dove un detenuto al 41 bis ha improvvisamente dato di matto, distrutto la cella prima di appiccare il fuoco ed aggredire gli agenti di Polizia Penitenziaria che stavano intervenendo. Torna al centro delle cronache la Sicilia penitenziaria: teatro dell’assurdo episodio, ancora una volta, proprio la Casa di reclusione di Augusta, già al centro delle cronache per analoghi fatti violenti accaduti tra le sbarre così come il detenuto già protagonista di altri episodi simili.

Detenuto al 41bis da di matto nella notte

Come spiega Calogero “Lillo” Navarra, segretario per la Sicilia del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, “la notte di domenica 18 agosto 2024 ha visto per protagonista un detenuto che si era già reso autore di altre aggressione ed era sottoposto a regime di 14 Bis; ha messo a soqquadro la cella dove era ristretto e data alle fiamme prima di minacciare i colleghi, assumendo comportamento contrari all’ordine ed alla sicurezza interna”.

Il sindacalista del SAPPE rimarca che “il carcere di Augusta fino a non poco tempo fa costituiva un’eccellenza in tutta la Regione: ad oggi non è più così. Purtroppo, la situazione è devastante in tutti gli istituti d’ Italia ma la Sicilia e Augusta in particolar modo risente molto anche della cattiva gestione del Provveditorato dei detenuti che si rendono autori di aggressione a danno del personale di polizia penitenziaria che da tempo il Sappe denuncia”.

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I precedenti

“Alcuni giorni fa, invece di trasferirlo fuori regione, alla Casa di reclusione di Noto hanno portato un rivoltoso che ha partecipato alla rivolta di Trapani, la situazione non è delle migliori come si può capire”. Netta la denuncia del SAPPE, primo Sindacato della Polizia Penitenziaria: “non possiamo che dirci indignati di fronte a una amministrazione che tentenna sul trasferimento dei detenuti violenti da un istituto all’altro nella stessa regione e riversa sulla polizia penitenziaria tutto il peso della sua inefficienza. Il collega aggredito ha riportato danni al volto, una frattura al braccio e varie escoriazioni, lesioni molto gravi che hanno compromesso la salute del poliziotto penitenziario malcapitato nella mattanza in corso, che vede parlare solo di interventi verso i reclusi e un piano di assunzione ridicolo che non servirà a nulla, così come il Governo non ha inteso emanare una legge severa per chi aggredisce la Polizia Penitenziaria e partecipa o organizza rivolte in carcere”.

Polizia penitenziaria allo stremo

“Quanti lividi, escoriazioni, offese e insulti dovremo ancora vedere tra le fila della polizia penitenziaria prima di poter raccontare di interventi concreti?”, conclude Navarra. “Sono decenni che chiediamo l’espulsione dei detenuti stranieri, un terzo degli attuali presenti in Italia, per fare scontare loro, nelle loro carceri, le pene come anche prevedere la riapertura degli ospedali psichiatrici giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinario, facinorosi e violenti occorre riaprire Pianosa e sottoporli a un regime duro che punisca le condotte illegali. Ma servono anche più tecnologia e più investimenti: la situazione resta allarmante, anche se gli uomini e le donne della polizia penitenziaria garantiscono ordine e sicurezza pur a fronte di condizioni di lavoro particolarmente stressanti e gravose”.

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Necessari interventi sull’organico

Per Donato Capece, segretario generale del SAPPE, è necessario intervenire sulla carenza di organico, sulle aggressioni al personale di Polizia penitenziaria, sull’adeguamento delle risorse contrattuali e la dotazione del Taser e della tecnologia a supporto della sicurezza. Per questo evidenzia che “da tempo, come SAPPE, denunciamo le inaccettabili violenze che si verificano nelle carceri della Nazione: dal 2023 si sono registrati 1.760 casi di violenza e 8.164 atti di minaccia, ingiuria, oltraggio e resistenza”. Il leader del SAPPE evidenzia i problemi connessi alla gestione dei detenuti stranieri (“da espellere per scontare la pena nelle carceri dei Paesi di provenienza”), di quelli tossicodipendenti e degli psichiatrici, che non dovrebbero stare in carcere ma in Comunità adeguate: “La loro presenza comporta da sempre notevoli problemi sia per la gestione di queste persone all’interno di un ambiente di per sé così problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta. Non vi è dubbio che chi è affetto da tale condizione patologica debba e possa trovare opportune cure al di fuori del carcere e che esistano da tempo dispositivi di legge che permettono di poter realizzare tale intervento”. Infine, il leader del SAPPE ha ribadito la necessità “di potenziare gli uffici per l’esecuzione penale esterna attraverso le articolazioni territoriali della Polizia Penitenziaria, con personale opportunamente formato e specializzato”. “Per il Sappe, è proprio questa la mission futura dell’esecuzione penale, che dovrà concentrare tutti i propri sforzi sulle misure alternative alla detenzione che si prevede potranno interessare decine e decine di migliaia di affidati”, conclude Capece.

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