Lo scontro tra sindacati e l’amministrazione comunale, in merito al nuovo bando per la gestione del servizio idrico, verte sulla cosiddetta clausola sociale.
Si tratta di una tutela, inserita nel Codice degli appalti, a garanzia del posto di lavoro del personale di un’azienda che, con l’applicazione della clausola, sarebbe assorbito nell’impresa vincitrice di un bando.
Per Cgil, Cisl e Uil, ma anche per due deputate, nazionale (Stefania Prestigiacomo) e regionale (Rossana Cannata) non ci sono protezioni per i dipendenti dell’attuale gestore (la Siam), di opinione diversa la giunta comunale del sindaco Francesco Italia.
Nei giorni scorsi, l’assessore Carlo Gradenigico ha assicurato che “il disciplinare ed il capitolato prevedono espressamente l’obbligo, per i partecipanti alla gara, di presentare un piano dettagliato di riassorbimento del personale e di assumere prioritariamente il personale dell’impresa uscente”.
Nel capitolato d’appalto, a pagina 27, è indicato quanto sostenuto dall’assessore ed è richiamato l’articolo 50 del Codice degli appalti. Ma sull’obbligo di riassorbimento, c’è un pronunciamento del Consiglio di Stato, (Sez. III, sentenza n. 2078 del 5 maggio 2017), evocato dall’avvocato amministrativista Francesca Scura, che, di fatto, non prevede obblighi per il nuovo datore di lavoro.
“La c.d. clausola sociale deve essere interpretata conformemente ai principi nazionali – si legge nel dispositivo – e comunitari in materia di libertà di iniziativa imprenditoriale e di concorrenza, risultando altrimenti essa lesiva della concorrenza, scoraggiando la partecipazione alla gara e limitando ultroneamente la platea dei partecipanti, nonché atta a ledere la libertà d’impresa riconosciuta e garantita dall’articolo 41 Costituzione”. Insomma, se per l’azienda i costi del personale sono troppo onerosi, tali da escluderla dal mercato, l’obbligo di assunzione va rivisto.
“Il Consiglio di Stato conferma che l’apposizione – spiega l’avvocato Francesca Scura – di una «clausola sociale» agli atti di una pubblica gara, ai sensi della disposizione codicistica (art. 50), è costituzionalmente e comunitariamente legittima solo se non comporta un indiscriminato e generalizzato dovere di assorbimento di tutto il personale utilizzato dall’impresa uscente”.
Come evidenziato dall’avvocato amministrativista, secondo l’ANAC la «clausola sociale» “deve prevedere che le condizioni di lavoro siano armonizzabili con l’organizzazione dell’impresa subentrante e con le esigenze tecnico-organizzative e di manodopera previste nel nuovo contratto e che il riassorbimento del personale sia imponibile”, «nella misura e nei limiti in cui sia compatibile con il fabbisogno richiesto dall’esecuzione del nuovo contratto e con la pianificazione e l’organizzazione del lavoro elaborata dal nuovo assuntore».