Sono iniziati i primi interrogatori degli indagati coinvolti nell’inchiesta Gold Trash della Guardia di finanza per bancarotta fraudolenta che vede coinvolte persone riconducibili alla società Igm Rifiuti industriali di Siracusa specializzata nel servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, Questa mattina, al palazzo di giustizia di Siracusa, si sono presentati i primi tre indagati, Giuseppe Cassone, Aldo Spataro, Iole Rivelli, per rispondere alle domande del gip del tribunale: i primi due si sarebbero avvalsi della facoltà di non rispondere, la donna, invece, avrebbe fatto delle dichiarazioni. Nei prossimi giorni, ci saranno quelli degli altri.
Sono ai domiciliari Giulio Dessena Quercioli, Alberto Giardina, Antonio Antonuccio, Cesare Quercioli Dessena, e Pietro Luigi Galimberti, obbligo di dimora per Diego Quercioli Dessena ed Antonio Quercioli Dessena, tra gli indagati ci sono Alessandro Quercioli Dessena, Caterina Quercioli Dessena, Giuseppe Cassone, Aldo Spataro, Iole Rivelli, Giuseppa Oddo e Giovanni Confalone. Gli inquirenti hanno anche sequestrato l’Igm, che ha un valore di 45 milioni di euro, ed 11 milioni di euro.
Il provvedimento ha chiuso una indagine su un presunto caso di bancarotta fraudolenta commessa da alcune società riconducibili al gruppo imprenditoriale siracusano. Le frodi hanno anche portato al fallimento di 3 società, la Gestioni patrimoniali srl, la So.Si.Se. srl e la Cg Ambiente srl.
Le indagini sono partite principalmente dall’esame della contabilità di diverse imprese che, secondo la Finanza, versavano in una situazione di sostanziale dissesto. Si è scoperto un sistema di scatole vuote “che, in modo programmato, ha “assorbito”, non onorandolo, il carico fiscale e contributivo dell’attività nel suo complesso; tutto questo grazie alla compiacenza di persone con precisi ruoli e di uno staff tecnico, formato da commercialisti,
nonché da “prestanomi”, tra cui un avvocato, regolarmente stipendiati dal gruppo” spiegano gli inquirenti.
In sintesi, le frodi” si consumavano nel seguente modo: “le società che svolgevano – fanno sapere gli inquirenti – l’attività di gestione dei rifiuti mantenevano, nel corso del tempo, una stessa denominazione comune, al fine di far apparire che il servizio venisse svolto da un’unica impresa. In realtà, quando l’esposizione debitoria di una delle entità diventava insostenibile, l’azienda produttiva era trasferita (mediante contratti di affitto, cessione di azienda o scissione) ad altra società del gruppo, sino a quel momento rimasta inattiva, che proseguiva nelle attività. Le società “svuotate”, oberate di debiti e private degli asset produttivi, erano quindi avviate, con la compiacenza di meri prestanomi, alla inesorabile liquidazione e/o cancellazione, con insolvenza dei debiti erariali”.
Il gruppo imprenditoriale avrebbe gestito l’azienda di famiglia senza onorare i debiti con lo Stato, ammontanti a circa 130 milioni di euro, e dalle informazioni della Procura, avrebbe lucrato grandi profitti dagli appalti con le pubbliche amministrazioni per sottrarre, nel contempo, risorse indispensabili all’integrità contabile e patrimoniale delle varie società. Oltre alle intercettazioni telefoniche e ambientali, nel corso dell’inchiesta, sono state acquisiti informazioni, eseguite perquisizioni domiciliari e informatiche. “
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