Nel giorno della ricorrenza del VII centenario della morte del Sommo Poeta, avvenuta il 14 settembre del 1321, Altera Domus ha deciso di ospitare l’artista siciliano Giuseppe Patanè per la presentazione dell’opera “Athanor” che si terrà domani, 14 settembre alle 18.30, nella Cattedrale di Noto Basilica di San Nicolò.
Un’opera imponente alta 6 metri, il cui titolo evocativo della metafora alchemica, lancia attraverso il testo iconografico un messaggio di redenzione e di rinascita non soltanto artistica e culturale ma anche morale ed etica.
L’iniziativa è stata promossa sotto l’egida del vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò che sarà presente all’inaugurazione insieme al sindaco, Corrado Bonfanti, lo storico dell’arte Giorgio Gregorio Grasso e Paoletta Ruffino, presidente di Altera Domus.
Il dipinto è stato mostrato al pubblico per la prima volta all’esposizione collettiva dello scorso 10 luglio nel complesso monumentale di Rocca Brivio Sforza a san Giuliano Milanese, curata dal critico e storico dell’arte Giorgio Gregorio Grasso con lo scopo di omaggiare l’opera omnia dantesca attraverso il contributo personale di 333 artisti, raccontati dallo stesso curatore nel volume edito per l’occasione dall’Istituto Nazionale di Cultura: “La Divina Commedia illustrata da artisti contemporanei”.
Ma non solo, Athanor è stato accolto nelle maggiori città italiane legate al Poeta, Parma, Ravenna, Ferrara e Venezia, che hanno aderito al progetto, e dal 27 agosto nella Basilica Cattedrale di Acireale, su espressa richiesta del Vescovo Monsignor Antonino Raspanti che ha rinnovato il ricordo e la grandezza del Poeta attraverso la stessa metafora del fuoco-fiamma e dello spirito-coscienza che si sviluppa per mezzo dell’Arte, unitamente alla volontà dell’uomo animata dal fuoco della fede e dell’amore.
Giuseppe Patanè, dotato di un’accesa fantasia e di una vivacissima personalità, profondamente etica, raggiunge, con questa sua ultima fatica “Athanor”, l’espressione forse più compiuta del suo personale linguaggio espressivo.
Proteso nella comunicazione del sofferto messaggio morale, protende a una composizione monumentale nella quale prevale la tensione plastica delle figure, della scena e l’indagine psicologica che si approfondisce mediante pennellate rapide e abbreviate, che sanno cogliere i tratti essenziali fisionomici.
Riassume il viaggio dantesco su tre grandi pannelli rettangolari sovrapposti, fondendo la narrazione delle tre cantiche in un’unica realtà immaginifica che accomuna l’intera umanità, e che diventa un viaggio interiore personale dall’oscurità alla luce.
Nel registro inferiore, illustra il dramma dei peccatori della quinta bolgia infernale fissato nella mirabile aderenza di un paragone animalesco di toccante intensità emotiva. Una rappresentazione drammatica ribollente di vita e di moto ricreata attraverso rapidi scorci fisionomici, volti lividi, demoniaci, sfigurati dallo strazio, e da un effetto luministico che avvolge le figure in una fiamma e si dissolve in materia incandescente.
“A colpire l’occhio dell’osservatore, nel registro intermedio – spiega lo storico dell’arte Paoletta Ruffino, promotrice della mostra – è la figura demoniaca piegata sulle gambe, più verosimilmente, identificabile con il demone Graffiacane, raffigurato mentre afferra, al cospetto dei due Poeti, col raffio le chiome inviscate dalla pegola del barattiere Ciampolo di Navarra (Inf. Canto XXII, 31-63), tirandolo su dalla pece bollente, in cui è immerso, come una lontra nera e offrendolo al ludibrio dei Malenbrache. L’individuale tormento dell’anima involta nel peccato e in via di purificazione, è concluso e compiutamente espresso nello sguardo ammaliante di Beatrice; il mezzo volto, è luminoso, ma sembra quasi che si stia sciogliendo sotto l’effetto di un calore fortissimo. La visione della Vergine, in abito bianco e manto azzurro, racchiusa in una mandorla, riprende il filo della narrazione stemperando, nella luce della redenzione, le pene purgatoriali del Poeta che, liberato dall’angelo, ascende al vero regno dei destinati alla salvezza dove, purificato, sta per annegarsi in Dio. Il miracolo di Dante, che si compie per mezzo di Beatrice – conclude – luce e speranza, diventa un segnale di fede per tutta l’umanità, e il ricordo della suprema visione, dove egli fu, ‘e vidi cose…'”
Dopo Noto, l’opera di Giuseppe Patanè proseguirà il suo viaggio espositivo a Milano, nell’antica Basilica paleocristiana di Sant’Ambrogio in occasione della festa patronale e a chiusura del settecentenario dantesco.
La mostra a Noto, sarà fruibile al pubblico fino al 30 settembre, tutti i giorni dalle 9 alle 20.