Una tragedia con un finale rock l’Agamennone di Eschilo, per la regia di Davide Livermore, che ieri al Teatro greco di Siracusa, ha inaugurato la 57esima edizione del ciclo delle rappresentazioni classiche organizzate dalla Fondazione Inda.
Finale rock
Come in un film, i titoli di coda dello spettacolo sono stati scanditi dalla performance di Maria Grazia Solano, interprete della Sentinella nella tragedia, che ha cantato Glory Box, un brano di Portishead, un band trip hop britannica, trascinando il pubblico, circa 5 mila spettatori, quasi fosse un concerto rock, con i telefonini spianati per illuminare il cielo sotto l’antica cavea, ritornata alla normalità dopo i due anni della pandemia.
La forza delle immagini
L’Agamennone visto da Livermore ha una chiave di lettura moderna soprattutto nell’ostentazione delle immagini: come già accaduto un anno fa, ha riproposto il ledwall, che proietta sequenze di colori e stralci di filmati in simbiosi con quanto avviene sul palco, come quando appare uno stormo di piccioni, prima della morte di Agamennone e di Cassandra, che richiamano Gli Uccelli, il film del 1963 di Alfred Hitchcock.
Agamennone e gli orrori della guerra
Agamennone è il contraltare di Ulisse: entrambi tornano in patria dopo la guerra a Troia ma se Penelope attende il ritorno del marito per proseguire il rapporto coniugale, Clitennestra aspetta Agamennone per ucciderlo e vendicare la morte di Ifigenia, il cui fantasma è andato in scena ieri con le fattezze di una bambina, e proseguire il suo rapporto con l’amante Egisto. Ma sono gli orrori della guerra che emergono con prepotenza, non solo con le parole e le evocazioni del conflitto tra greci e troiani ma con una rappresentazione plastica sul palco: uomini in divisa, inchiodati alle sedie a rotelle, assistiti dalle infermiere, in un’atmosfera di costumi che proietta il pubblico agli orrori della Prima Guerra mondiale ma con la mente in Ucraina.
La tragedia in veste moderna
I generali e le infermiere, come nel testo di De Gregori, un manifesto contro la guerra. Per chi ha ama l’ortodossia della classicità, specie nei costumi e nella scenografia, l’Agamennone di Livermore è un pugno sullo stomaco, il regista intende riproporre la tragedia con occhi moderni, non solo con immagini e suoni ma anche con gli abiti. Gli attori non portano tuniche e sandali: Agamennone è in giacca a cravatta, indossa un abito da sera Clitennestra che tiene in un mano ora una coppa di champagne, ora una pistola con cui ucciderà il marito. Il pubblico, che si riflette grazie ad uno specchio di 27 metri, osserva e scruta il dramma psicologico e familiare descritto da Eschilo come se fosse attuale, fresco di cronaca televisiva.
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