Nella fabbrica Hidaka Washi, in Giappone, viene prodotta la carta più sottile del mondo, la tengujo. La versione più sottile e leggera di quest’ultima è spessa quanto una singola fibra dell’albero di gelso, da cui si ricava e, cioè, 0,02 millimetri, meno della pelle umana. Benché gli ingredienti per produrla siano pochi e facilmente reperibili e il processo non sia segreto, finora nessuna industria al mondo è riuscita a riprodurla.
La prima versione di tengujo venne inventata nella provincia giapponese di Gifu, considerata il luogo di nascita della carta giapponese. Nel periodo Muromachi (1336-1573 d.C.) era già conosciuta e nel periodo Edo (1603-1868 d.C.) era utilizzata per le xilografie, nella carta da lucido e come supporto. A metà Ottocento, il cartaio Yoshii Genta si dedicò a studiarne la lavorazione e ottenne un tipo di foglio tengujo di grandi dimensioni, spesso 0,3 millimetri. Il metodo di produzione non è mai cambiato se non negli anni Sessanta, con l’introduzione dei macchinari.
Il tengujo viene prodotto dagli steli gelso che per prima cosa vengono ripuliti accuratamente da sporcizie e imperfezioni e poi immersi in fusti di acqua calda mescolata con una soluzione lievemente alcalina, che libera le fibre del gelso e le pulisce ulteriormente. Questa fase si esegue più volte, fino a quando le fibre sono districate. Succesivamente i fili di fibra polposa vengono immersi in vasche di acqua e neri, un liquido denso e viscoso estratto dalla pianta di Ibisco del tramonto. Il neri addensa la soluzione e rende le fibre elastiche e gommose, permettendo di romperle ancora in lunghi filamenti bianchi. A quel punto i filamenti vengono tolti dall’acqua e distribuiti uniformemente su un piano, dove vengono massaggiati, appiattiti e allargati fino a raggiungere la consistenza di una ragnatela. Una volta che si sono asciugati, i fili vengono tessuti insieme.
La carta tengujo viene usata soprattutto nella conservazione archivistica. Soyeon Choi, responsabile della Conservazione della carta allo Yale Center for British Art, in Connecticut, ha spiegato che se ne serve in continuazione, come nel caso recente in cui ha restaurato una lettera scritta nel 1753. In corrispondenza di alcune lettere, l’inchiostro aveva eroso la carta in minuscoli strappi e forellini, Choi l’ha restaurata applicando delle striscioline di carta tengujo con un adesivoe le due carte si sono subito fuse con una leggera pressione.
La carta usata da Choi è del tipo più sottile, il quale venne commissionato a Hiroyoshi Chinzei, il proprietario dell’azienda Hidaka Washi, sei anni fa dall’Archivio nazionale del Giappone. Chinzei ed i suoi collaboratori impiegarono due anni di errori e tentativi per riuscire ad avere una carta che pesasse solamente 1,6 grammi per metro quadrato, ma ne è valsa la pena. Infatti, adesso la carta tengujo è la stessa usata per restaurare la carta negli archivi e nei musei più importanti al mondo, come la Library of Congress, il Louvre di Parigi, il British Museum e i Musei Vaticani.
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