Ieri sera, in prima serata, un immunologo ed un virologo hanno espresso le proprie opinioni, agli antipodi. Per il primo, il coronavirus perde efficacia mentre passa da un umano all’altro e, stabilizzate le sue mutazioni, causerà malanni con meno fastidi di un raffreddore; l’altro richiama l’attenzione sostenendo che la pandemia deve ancora esprimere tutta la propria potenziale letalità e che le continue mutazioni potrebbero addirittura accentuare. A chi credere dipende dall’indole e dall’umore del telespettatore.
In ogni caso, è da accogliere con favore la consapevolezza collettiva che le informazioni reperite in rete non possano sostituire l’esperienza dei professionisti. Infatti, rispetto a prima del Covid-19, si tende a tenere in debita considerazione cosa dice chi ha passato la vita a studiare come e perché un filamento genetico con un rivestimento proteico o lipidico si insinui, per riprodursi, nelle cellule degli organismi viventi, ammalandoli.
Si assiste dunque ad una ritrovata fiducia nella competenza che, nel recente passato, sembrava un atteggiamento socialmente minoritario. Su alcuni argomenti come il Covid-19, che la scienza e l’esperienza non hanno avuto tempo e modo di sviscerare, non ci si può impuntare sull’una o sull’altra ipotesi, ma, mantenendo l’autonomia di giudizio, bisogna accettare che l’autorevolezza dell’esperto abbia la prevalenza. Fortunatamente anche il Governo, durante questo momento di pericolo ha preferito essere al fianco di chi sa come affrontarlo piuttosto che di qualcuno che si spinge verso l’ignoto armato delle proprie ignoranze, diversamente da alcuni membri dei vari partiti.
Certo non è semplice decidere a chi credere, se al virologo e all’immunologo, poiché senza una laurea in medicina o in biologia si fatica a distinguere chi dei due avanzi tesi migliori. Forse conviene coltivare insieme la speranza e la prudenza: da una parte verificare se da qui in avanti la letalità del coronavirus si confermerà ridotta; dall’altra, comportarsi come se il peggio non fosse ancora passato. È il modus operandi che gli economisti definiscono win-win perché, comunque vada, il risultato sarà soddisfacente.
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