Ignorando le proteste dalle organizzazioni LGBT e aprendo la strada verso ulteriori discriminazioni per i cittadini transgender, il Parlamento ungherese ha deciso che d’ora in avanti nel suo Paese sarà vietato cambiare il genere sui propri documenti, anche se ci si è sottoposti ad un’operazione per il cambio di sesso. Il genere è definito come “il sesso biologico basato su caratteristiche sessuali primarie e cromosomi”.
Un’iniziativa che segue la linea dettata dal premier nazionalista Viktor Orban fin dal suo arrivo alla guida del Paese nel 2010 e che negli anni si è tradotta in misure come il divieto nelle università di insegnare studi di genere e nell’introduzione nella costituzione della definizione di matrimonio come esclusivamente quello tra uomo e donna. La comunità LGBT denuncia l’accaduto ed accusa il governo di star utilizzando l’emergenza coronavirus per distogliere l’attenzione e far passare la sua agenda ultraconservatrice.
Questa decisione, secondo l’Amnesty International, “riporta l’Ungheria ai secoli bui e calpesta i diritti di persone transgender e intersessuali”. Il divieto di cambiare il genere sui documenti, anche dopo l’effettivo cambio di sesso, esporrà ad ulteriori discriminazioni ed in più farà crescere l’atmosfera di intolleranza e ostilità che già deve affrontare la comunità LGBT. La ricercatrice di Amnesty sull’Ungheria, Krisztina Tamas-Saroy, aggiunge: “Chiediamo al Commissario per i diritti fondamentali dell’Ungheria di sollecitare urgentemente una revisione da parte della Corte costituzionale che porti all’annullamento di questa terribile nuova norma”.
La norma approvata dal parlamento ungherese stabilisce la registrazione del sesso di una persona nelle anagrafi nazionale delle nascite, dei matrimoni e dei decessi, senza possibilità di modifiche successive. Ciò significa che i documenti d’identità di ogni persona conterranno le stesse e non più modificabili informazioni, impedendo pertanto alle persone transgender e intersessuate di registrare i loro nomi associandoli alla loro identità di genere e vederli trascritti in ogni atto ufficiale. Inoltre, ad inizio mese, è stata respinta la ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, sostenendo che promuove “ideologie di genere distruttive“.
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